Ricostruzione di Ischia. Quando un piano non basta ad evitare la deportazione
Tutte le incognite del PdRi dall’assenza di piani di delocalizzazioni e smaltimento macerie fino ai dubbi sugli espropri ed il diritto alla proprietà privata minacciato che rischiano di creare emergenze nelle emergenze.Un piano non basta dove non c’è buon senso e coscienza per evitare la distruzione di comunità e territori e soprattutto la deportazione di un popolo che da sette anni attende risposte e che in cambio riceve solo ansie e dolori
Durante la prima presentazione ad Ischia del Piano della Ricostruzione l’assessore Bruno Discepolo ha ribadito un concetto centrale alla base del piano di ricostruzione per l’isola d’Ischia: la necessità di evitare una diaspora della popolazione locale. Un appello che era stato mosso dalla popolazione stessa che a Discepolo si era rivolto con il comitato “Cittadini per la vita” al fine di evitare quella che a tutti gli effetti stava assumendo i contorni della deportazione dopo le osservazioni al PdRi approvato in luglio e che il comune di Casamicciola aveva ridisegnato con ampi tratti neri. Abbiamo provato a fissare alcuni nodi al termine della lunga presentazione ischitana che comunque non fugano i dubbi di un documento, il Piano, troppo insidioso se lasciato alla bramosia di potere e di gestione, se messo nelle mani di chi non sa nulla del suo paese; eppure, è persuaso di conoscere tutto. Un piano non basta dove non c’è buon senso e coscienza per evitare la distruzione di comunità e territori e soprattutto la deportazione di un popolo che da sette anni attende risposte e che in cambio riceve solo ansie e dolori. Una ricostruzione che sta assumendo i contorni di una nuova apartheid, una ingegneria umana a danno delle popolazioni colpite. Abbiamo provato ad evidenziare tutte le incognite del PdRi dall’assenza di piani di delocalizzazioni e smaltimento macerie fino ai dubbi sugli espropri ed il diritto alla proprietà privata minacciato che rischiano di creare emergenze nelle emergenze.
Il PdRi rappresenta certo uno strumento innovativo, ma presenta tante insidie per le comunità e le identità dei luoghi
«Il nostro sforzo è stato sempre orientato a trovare un punto di equilibrio che permettesse di garantire la sicurezza dei cittadini, senza tuttavia ricorrere alla soluzione più facile, ovvero quella di abbandonare alcune parti del territorio. Questi luoghi sono identitari, rappresentano comunità che si sono stratificate nel tempo e che hanno creato un legame unico tra le persone e il territorio» ha detto subito chiaramente l’assessore regionale Bruno Discepolo, evidenziato come il piano di ricostruzione pensato per il Cratere di Ischia (Casamicciola, Lacco e Forio) abbia mirato a preservare il tessuto sociale e culturale dell’isola, puntando a soluzioni che consentano alle persone di continuare a vivere nei loro luoghi di origine in condizioni di sicurezza. «Abbiamo lavorato per definire condizioni in cui la permanenza dei cittadini fosse compatibile con i rischi naturali, adottando interventi di mitigazione e promuovendo una pianificazione sostenibile e responsabile».
Le tappe Cruciali di un processo che deve essere partecipato: osservazioni fino al 7 marzo
I passaggi principali del piano, un lavoro lungo 4 anni ha avuto tappe cruciali che l’assessore ha voluto ripercorrere. Nell’agosto 2022 la Regione presentò una stesura preliminare del piano, lo ricordiamo, era tra il 21 ed il 22 novembre 2022, poi la frana. «A settembre venne condivisa una versione più avanzata e, infine, ad aprile 2023 si raggiunse una pianificazione consolidata» ha spiegato Discepolo. Poi il contesto normativo è mutato con l’introduzione del Decreto Ischia, che ha inciso direttamente sui poteri di pianificazione, trasferendoli dalla Regione al Commissario straordinario. «Il percorso che abbiamo seguito ha previsto la predisposizione di un piano di interventi urgenti per la mitigazione del rischio idrogeologico, aggiornato dall’Autorità di bacino e poi adottato dalla Regione», Poi c’è il primo stralcio funzionale del PAI dell’Autorità di Bacino stessa che cristallizza l’Assetto Idrogeologico del Comune di Casamicciola Terme.Insomma, un processo articolato e complicato per il quale l’assessore regionale caldeggia ed auspica la partecipazione di tutta la popolazione colpita. Come è nota stante le date di approvazione entra 60 giorni si potranno presentare osservazioni Discepolo ha ribadito la necessità del processo partecipativo della comunità « Dal 7 gennaio al 7 marzo 2025 i cittadini potranno presentare osservazioni e proposte. Questo coinvolgimento è fondamentale per raccogliere contributi utili e migliorare il piano.Sebbene il processo sia complesso, rappresenta una garanzia di trasparenza e condivisione». I Comuni esamineranno le osservazioni e trasmetteranno i risultati alla Regione. Tanto che per il 27 gennaio è previsto un nuovo appuntamento. In seguito all’adozione, si apre, come detto, la fase delle osservazioni aperta alle amministrazioni locali, alla popolazione isolana, e ai vari stakeholders coinvolti, che potranno proporre modifiche o integrazioni.
Dopo il Pdri il Piano Paesistico per Ischia
Il piano di ricostruzione per l’isola d’Ischia, secondo l’assessore all’Urbanistica della Regione Campania, Bruno Discepolo è un evento cruciale per il territorio. In seguito a un protocollo sottoscritto dalla Regione Campania e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli nell’aprile scorso, poi integrato con un atto aggiuntivo nel mese di giugno, per la definizione degli aspetti paesaggistici del Piano di Ricostruzione, si è stabilito di adottare una sezione funzionale del Piano Paesaggistico Regionale per l’intera isola d’Ischia, validata il 18 dicembre scorso dal Comitato Tecnico Istituzionale tra Regione Campania e Ministero della Cultura. Una prima anticipazione parziale del Piano Paesaggistico che è in via di ultimazione per l’intero territorio della regione Campania. In seguito all’approvazione, la sezione funzionale del PPR sostituirà per l’isola d’Ischia il Piano Territoriale Paesistico, attualmente vigente. Il Piano di Ricostruzione dei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, dopo un’articolata fase di interlocuzione ha raccolto la condivisione di tutti i soggetti coinvolti, i comuni interessati, il Commissariato di Governo per la Ricostruzione e l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, nell’ambito della Conferenza di Pianificazione che si è conclusa l’11 dicembre scorso con parere favorevole sulla proposta di Piano. Il Piano di Ricostruzione disciplina gli interventi per la riparazione, il rafforzamento sismico e la ricostruzione degli edifici e degli aggregati danneggiati dal sisma del 21 agosto 2017 e dagli eventi franosi del 2022, con valenza di riqualificazione territoriale e paesaggistica del patrimonio edilizio dell’isola. Prevede una serie di indicazioni che coordinano le azioni di contrasto del dissesto idrogeologico e gli interventi di ricostruzione post-sisma e la delocalizzazione ove la ricostruzione sostitutiva in sito non sia consentita dal rispetto delle disposizioni di tutela antisismica. Il Piano non prevede l’urbanizzazione di aree rurali, se non limitatamente ad alcune poche aree di atterraggio di una parte degli immobili di cui il Piano prevede la delocalizzazione; per gli altri immobili e per limitare il consumo di suolo, si prevede il riuso, la rifunzionalizzazione e la valorizzazione di strutture già esistenti.Discepolo ha spiegato che il documento è stato concepito come uno strumento innovativo e strategico per l’isola, in grado di rispondere alle sfide del territorio e promuoverne la valorizzazione e dare una svolta: «L’estensione del piano a tutti e sei i Comuni dell’isola permetterà di avere una pianificazione unica e integrata”, ha aggiunto, sottolineando l’importanza di un approccio sovracomunale per affrontare le sfide di un territorio così complesso e fragile, Il 27 gennaio sarà quindi l’occasione per dare il dettaglio. Una svolta, non solo per la ricostruzione post-frana, ma anche per rilanciare un’idea di sviluppo sostenibile e integrato».
Mancano i piani di delocalizzazione ed i piani smaltimento materie, con gli esproprio il diritto di proprietà è minacciato
Sono tre i temi cruciali che pongono una seria opzione sugli effetti del PdRi: dove andrà la gente delocalizzata e come si smaltiranno le macerie delle loro case abbattute dopo l’esproprio conseguente alle delocalizzazioni. I terzi condoni non riconosciuti e approvati che effetti avranno sui delocalizzati obbligatori ? Ecco le nostre domande a Discepolo:
- Con circa 400 immobili da delocalizzare obbligatoriamente, parliamo di quanto ? Circa 800/1000 sfollati con un perimetro limitati e l’attuale emergenza abitativa come si contempera questo dramma senza reali piani di delocalizzazione. Si parla di opere e progetti a farsi. Non ci sono piani concrei di edilizia residenziale o economica e popolare. Per giunta le case popolari già esistenti sono contese a colpi di occupazioniabusive) dove andrà questa gente ? Che fine fa il diritto di proprietà con questo uso importante dei vincoli dell’istituto dell’esproprio?
- Un altro tema che non pare approfondito è quello dell’assenza dei piani demolizione, come sta dimostrando la Questione dello smaltimento dei fanghi , lo Smaltimento delle Macerie l’assenza di siti e’ un fatto. Un’emergenza nell’emergenza se poi lo si collega alla Necessità di trasportare questi materiali in terra ferma con le Così dette navi dedicate, come si gestirà lo smaltimento delle macerie. Non crede si rischi di creare borghi fantasma e piazzale delle macerie dove quelle macerie resteranno ad imperitura memoria, mentre la Gente sarà ancora sfollata ?
- Su molte delle case da delocalizzare obbligatoriamente pendono istanze di condono legge 326/2003. I proprietari non potranno mai percepire il contributo e inoltre le spese di demolizione saranno a carico loro?
Le risposte di Discepolo
Ecco cosa ci ha risposto Bruno Discepolo: « Va detto in premessa che tutte le domande che mi ha rivolto in realtà vadano, però, rivolte fondamentalmente al Commissario. Credo che dobbiamo, sarà d’accordo Giovanni Legnini, girarle al commissario perché non riguarda la competenza della Regione e quindi i contenuti del piano che non agisce su questo tema. Come il problema dello smaltimento delle macere o quant’altro. Però, da questo punto di vista, credo di poter dire che il piano agisce nell’ambito di quelle che erano le prerogative, gli obiettivi e i limiti in qualche modo anche che la regione ha come competenza sua. Quindi da questo punto di vista anche la questione delle delocalizzazioni va girata al commissario. Noi abbiamo individuato, alla scala di un piano di tipo territoriale urbanistico, le possibili aree di atterraggio, delle aree nelle quali, eventualmente fosse necessario, si potrà andare a realizzare questi alloggi sostitutivi e anche qui pregherei di cogliere un elemento di forte novità, Nel senso che stante i vecchi strumenti di natura sopra comunale urbanistici e di pianificazione paesaggistica, che c’è una grande novità perché non sarebbe stato possibile realizzare nullo. Quindi noi abbiamo fatto un lavoro e, abbiamo portato anche il Ministero, la Soprintendenza a individuare delle possibili aree di atterraggio che hanno delle caratteristiche tali. Questa ha dei piani di delocalizzazione è un’attività complessiva che fa parte di tutto ciò che il commissario sta già svolgendo dal punto di vista delle manifestazioni di interessi, delle ordinanze che hanno definito le modalità per avere contributo. Ora credo che anche il commissario, che ha già iniziato su questo un’azione, abbia un riferimento. Certo è quello che il piano dà come inquadramento di queste soluzioni, di queste scelte. Quindi io credo che diciamo forse Giovanni vuole aggiungere qualcosa diciamo poi va oltre il piano stesso per quelli che erano i limiti compiti e i paletti nei quali, come piano deve essere».
Legnini: abbiamo attivato tutti gli strumenti possibili
«Il piano non può occuparsi di condoni. Ovviamente non c’entra niente il piano con i condoni. Riguardo alle delocalizzazioni. Noi abbiamo attivato tutti gli strumenti che la legge ci consente di attivare, uno: il mercato immobiliare, che sappiamo essere molto difficile, due: la disponibilità a cedere al patrimonio pubblico, agli immobili dismessi ed abbiamo ricevuto, 15 proposte dismissione. Molto rilevanti per due richieste. Vi è una novità molto importante sulla nostra richiesta contenuta nel piano Pio Ponte o dell’Ex Hotel La Pace in cui è prevista anche la possibilità di procedere ad espropriazione. Tre la novità, una delle più rilevante di questo piano è quello delle aree libere in quei perimetri che sono stati illustrati, sulle modalità di attuazione degli interventi su quelle aree libere. Deciderà il Commissario dopo aver ottenuto l’approvazione definitiva del piano».Legnini ha poi ammesso che “problemi nello smaltimento dei rifiuti”: «Il mio bando per siti di stoccaggio non ha dato esiti, su 4 adesioni, solo una è rimasta in piedi e tre scartate per problemi di proprietà ed urbanistici. Per il resto Legnini parla di un «problema legato anche ai trasporti via mare in terraferma. Potrebbe esserci un problema di tipo monopolistico».Poi ha passato la parola al sindaco di Casamicciola Giosi Ferrandino che ha detto:«C’èqualche stortura! E’ pronta una segnalazione alla Procura della Repubblica».
Forse poi le case agli sfollati
Legnini parla di fasi, la fase delle case alla gente sfollata, più di mille, viene poi come i pian di delocalizzazione che non ci sono: «Il Piano stesso si incarica di sintetizzare e integrare queste tappe, che comprendono il Piano di Protezione Civile per la riduzione del rischio, elaborato dopo l’evento catastrofico del 26 novembre, e gli studi e le analisi condotti da università̀ e centri di competenza. Un ruolo centrale è stato svolto dal Piano degli interventi strutturali di mitigazione del rischio idrogeologico. Questo include opere fondamentali come la sistemazione degli alvei, la costruzione di briglie e vasche, il rifacimento delle reti fognarie e dei sistemi paramassi, tutte opere in fase di progettazione o già avviate. A questi si aggiungono le scelte urbanistiche, di rigenerazione urbana e paesaggistiche, che rappresentano una visione integrata del territorio. Tutti questi elementi sono confluiti nel Piano di Ricostruzione, che possiamo definire lo strumento cardine di questo processo. Tuttavia, manca ancora un passaggio essenziale: il Piano delle De- localizzazioni. Questo strumento può essere sviluppato solo successivamente all’approvazione del Piano di Ricostruzione, in quanto logica- mente e cronologicamente subordinato». Solite chiacchiere e tabacchiere di legno.
320 immobili delocalizzati, ma di persone nessuno parla
Nessuno parla della gente gettata in mezzo ad una strada, espropriata in attesa di vedere, ma solo di immobili e numeri per mettere apposto i proprio report. Ecco come risponde legnini alle delocalizazzioni obbligatorie che non dano certezze del futuro oltre alla perdita di ogni diritto:«Gli immobili individuati per la delocalizzazione sono meno di 365; si tratta di circa 360 unità immobiliari. Tutta- via, il numero di edifici da de- localizzare è stimato intorno ai 320. Secondo i calcoli della Regione, potrebbero essere leggermente di meno, ma il numero definitivo sarà disponibile solo alla conclusione del processo. Questo accadrà̀ dopo che saranno valutate le osservazioni dei cittadini, i tecnici dei Comuni avranno svolto le loro analisi e gli edifici saranno esaminati più approfonditamente. Non possiamo escludere che alcuni immobili siano tolti dalla li- sta, così come non possiamo escludere che altri siano aggiunti.Per quanto riguarda i citta- dini coinvolti, il dato dipende dalla natura degli edifici: residenziale, seconda casa o attività produttiva. Abbiamo già̀ una prima analisi che in- dica un numero significativo di persone interessate. Tra gli edifici individuati, circa 60 – nello specifico 58 – sono agibili: non sono stati danneggiati né dalla frana né dal sisma, ma si trovano in aree ad altissima pericolosità̀, come alvei o zone particolarmente critiche. La domanda cruciale è cosa accadrà̀ a questi edifici. Spetta al legislatore decidere: si dovranno delocalizzare o interdire? E, in caso affermativo, i cittadini avranno diritto a un indennizzo? Questo, ovviamente, a condizione che gli edifici siano legittimi. Un’altra conseguenza del Piano riguarda
l’individuazione di aree di atterraggio per la ricollocazione degli immobili. Il Piano identifica finalmente queste aree, superando la difficoltà e i costi legati alla ricerca sul mercato di immobili da acquisire. Tra queste aree spiccano due macro-aree principali: il Pio Monte e l’area del La Pace, oltre a una serie di altre zone nei tre Comuni principali. Queste aree rappresentano una svolta cruciale per la ricostruzione del territorio». Molte delocalizazzioni obbligatorie sono legato al piano delle delocalizzazioni pubbliche di Legnini che sapendo di non dire tutta la verità (la casa di Raffaella Iaccarino non costituiva alcun pericolo rispetto a quel masso degradato e squallido, il totem all’insensatezza di governo, e alle macerie lasciate ora al Majo con gravi rischi per la salute pubblica)parla di azione propositiva (sic!): «Le demolizioni pubbliche sono finalizzate a sbloccare situazioni di stallo. Se un edificio è gravemente danneggiato rappresenta un pericolo per la circolazione o ostacola le attività di ricostruzione, è possibile procedere con la demolizione d’ufficio. Non siamo animati da una volontà̀ distruttiva, ma è chiaro che non possiamo più tollerare situazioni che costituiscono uno scempio per il paesaggio o per la sicurezza pubblica.In molti casi, gli edifici da demolire coincidono con quelli da delocalizzare obbligatoriamente, il che semplifica il processo: i cittadini sanno di avere diritto ai contributi per rilocalizzarsi altrove. Tuttavia, se un edificio non rientra nella delocalizzazione obbligatoria e non rappresenta un pericolo conclamato, non vi è motivo di procedere con la demolizione pubblica.Il Piano è stato aggiornato per tenere conto di queste».