Archeologia in Penisola. La Necropoli di via San Martino a Sant’Agnello.

20 febbraio 2025 | 11:15
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Archeologia in Penisola. La Necropoli di via San Martino a Sant’Agnello.

di lucio esposito
La necropoli di San Martino, situata a Sant’Agnello, è un’importante testimonianza della vita e delle pratiche funerarie nella città di Surrentum, che nel corso dei secoli ha rivelato preziose informazioni sulle abitudini e la cultura dei suoi abitanti. Il recente volume Surrentum/ Sorrento – Studi e Ricerche per la Carta Archeologica della Città, curato da Luca di Franco, segna un evento significativo nella pubblicazione dei risultati degli scavi archeologici della necropoli di San Martino, che erano rimasti a lungo inediti, rivelando nuovi dettagli e arricchendo la nostra comprensione del sito.
Finalmente dopi oltre 20 anni , pubblicato lo scavo!
La necropoli si trova in una posizione strategica angolo via San Martino e Corso Italia, proprio sotto il grande platano, e durante il corso dei lavori di costruzione di un parcheggio interrato nel 2003, sono emerse importanti scoperte che confermano la presenza di una vasta area funeraria risalente al periodo romano, dal I al IV secolo d.C. L’area scavi ha coperto una superficie di circa 961,52 metri quadrati e ha rivelato un’ampia varietà di sepolture, tra cui tombe a inumazione, ad incinerazione, e altre pratiche funerarie più rare, come l’ustrinum (una sorta di forno per la cremazione).
Un aspetto interessante dello scavo è la presenza di un recinto funerario che delimitava un nucleo di tombe. Al suo interno sono state ritrovate 22 sepolture, tra cui 8 ad incinerazione, 1 ad ustrinum, 1 ad enchytrismos (un tipo di sepoltura in cui il defunto veniva posto in una piccola urna seppellita), e 12 ad inumazione. Quest’ultimo tipo di sepoltura è particolarmente interessante, con diverse varianti di fossa, tra cui fosse semplici, con copertura piana o a forma di cappuccina. Tra queste tombe, una particolarmente rilevante è quella numerata T10, che si distingue per un imponente tumulo composto da pietre di vario tipo. La tomba T10 è stata trovata con una copertura a cappuccina, realizzata con otto tegole disposte su una duplice spalletta di pietre e un grande blocco di calcare. All’interno di questa tomba si trovava un sarcofago in piombo, decorato con due anelli grossi, e uno scheletro ben conservato, il che suggerisce che la sepoltura fosse di un individuo di particolare importanza.
Un altro ritrovamento significativo sono le due columelle, pietre funerarie usate come segnacoli per le sepolture. La columella C2 reca un’iscrizione che menziona una serva appartenente alla gens Brasidia, un’importante famiglia di Surrentum, mentre la columella C1 è associata a un altro membro della stessa famiglia, probabilmente un liberto. Queste iscrizioni, databili a dopo l’eruzione del 79 d.C., confermano la continuità dell’uso del sito funerario anche nei decenni successivi all’eruzione del Vesuvio.
L’importanza della necropoli di San Martino non risiede solo nei singoli ritrovamenti, ma anche nel quadro che forniscono riguardo alla vita quotidiana di Surrentum e delle sue popolazioni romane. Le diverse tipologie di sepoltura, la cura nei rituali funerari e le iscrizioni ci parlano di un contesto sociale e culturale ricco, dove le pratiche funerarie erano un mezzo per esprimere lo status sociale, l’identità e la memoria familiare. L’analisi delle tombe e degli oggetti ritrovati offre uno spaccato del mondo romano, dei suoi credi e dei suoi valori.
Nel contesto di questa ricerca, l’allora giovane amico Mario Grimaldi, l’archeologo che ha diretto gli scavi, si è distinto per il suo contributo significativo alla comprensione della storia di Surrentum, e oggi è noto  e famoso per i suoi studi sugli affreschi pompeiani, con mostre e pubblicazioni. Il suo lavoro ha messo in luce non solo la necropoli di San Martino, ma anche un aspetto importante della continuità e dell’evoluzione della città nel corso dei secoli. Le sue scoperte sono state un passo fondamentale nella ricostruzione storica del sito e nell’analisi delle sue fasi più significative. Insieme a Grimaldi , Ausilia Trapani e Riccardo Iaccarino.
Il volume monumentale curato da Luca di Franco e la conseguente  pubblicazione della relazione sugli scavi sono un traguardo importante per la comunità scientifica e per la conoscenza del patrimonio archeologico di Sant’Agnello e di Surrentum, tale e tanto da candidare  Luca di Franco per il  premio internazionale Paola Zancani -Memorial Caterina Cicirelli, che sarà assegnato nel giugno 2025, sarebbe un dovuto  riconoscimento per l’enorme  lavoro  di curatela , di ricerca e divulgazione, celebrando l’importanza di preservare e studiare la nostra storia, affinché le scoperte di oggi possano illuminare il passato, arricchire il presente e ispirare il futuro. In occasione del premio Zancani, chiediamo di avere una temporanea esposizione dei reperti provenienti dalla Necropoli di via San Martino, richiesta che già facemmo al premiato santanellese Giuseppe Scarpati, ma senza riscontro.
In conclusione, la necropoli di San Martino non è solo un sito archeologico, ma una testimonianza vivente della storia di una città che ha avuto un ruolo centrale nella vita romana inoltre la presenza rara di gens Brasidia, lo rende ancora più esclusivo e importante. Ogni ritrovamento contribuisce a svelare nuovi dettagli sulla vita quotidiana, sulle credenze e sulle tradizioni funerarie, non solo di un’epoca lontana, ma di una comunità che, seppur diversa nelle forme, ci parla ancora attraverso la sua eredità materiale. Il lavoro degli archeologi, come Mario Grimaldi e Luca di Franco, è fondamentale per garantire che queste storie non vengano dimenticate, ma vengano tramandate alle generazioni future.
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Dal maggio al luglio 2003 sono stati effettuati lavori preliminari alla costruzione di un moderno edificio da adibire a parcheggio (Parcheggio AICHER). L’area indagata si estende per mq 961,52.
Descrizione dei ritrovamenti = Nello scavo del 2003 presso via San Martino è stata individuata un’ampia area di sepolture, con la presenza di un recinto funerario di separazione di un nucleo di tombe (fig. 1). All’interno del recinto (figg. 2-4) sono state rilevate 22 tombe delle quali 8 ad incinerazione, 1 ad ustrinum (T21), 1 ad enchytri-smos (T19) e 12 ad inumazione del tipo a a fossa semplice, fossa con copertura piana e a fossa con copertura a
cappuccina (fig. 5). Un pilastrino rettangolare (cm 30 x 47 x 20) costruito con blocchi di tufo e posto in posizione centrale rispetto tutta l’area del recinto era il segnacolo di una prima urna cineraria deposta, probabilmente di vetro contenuta entr una cesta in piombo di cui rimane solo il coperchio (figg. 6-8).
Sono state rinvenute due columelle quale sagnacolo (fig. 9). La columella C2 (fig. 10), priva del disco faccia superiore, reca un’iscrizione rubricata con la seguente dicitura:
Success
Brasidi
Serva
ann(is)
XX
Questa lase di deposizione appare stratigraficamente anteriore all’evento eruttivo del 79 d.C., poiché coperta da uno strato rimescolato di pomici e ceneri ad esso riferibile.
La columella C1 (fig. 11), allettata al di sopra di questo strato rimescolato di pomici e ceneri e quindi post 79 d.C., conserva il disco superiore ed appare di fattura più rozza della C2. Reca anch’essa un’iscrizione con la seguente dedica
L(ucius) Brasidi=
Us Ampl=
iatus vi
xit an(nis) XXXX
Le due iscrizioni si riferiscono rispettivamente a una serva di un personaggio appartenente alla gens Brasidia,
gentilizio raramente documentato ma attestato altrimenti a Surrentum, e a un altro individuo della stessa famiglia,
probabilmente un liberto, confermando tra l’altro una continuità di uso e di vita immediatamente post eruzione del
79 d.C. con la seconda deposizione. La pratica dell’incinerazione è stata rilevata in entrambe le sue tipologie che all’esterno del recinto. a bustum e ad ustrinum – sia all’interno
Tra le tombe ad inumazione appare di particolare rilevanza la tomba 10 (T10), posta al centro dell’area del recinto ricoperta da un imponente tumulo, composto da pietre di varia forma e dimensione; essa presenta una copertura cappuccina con otto tegole (fig. 12) poste su una duplice spalletta di pietre ed appoggiate sul lato sud (dove en posto il capo) ad un grande blocco di 4 calcare intenzionalmente sagomato. Al di sotto della copertura a cappu cina l’inumato/inumata giaceva in una cassa di piombo con un coperchio munito di due grossi anelli (fig. 13), F l’imbrigliamento ed il sollevamento del sarcofago (misure massime posta nella bocca del defunto, in questo caso è stata ritrovate xx 0,35); la moneta, solitame be dello scheletro figg. 14, 15).
L’amica  prof Marici Magalhaes, massima esperta di epigrafia sorrentina,  da me interpellata per l’iscrizione e il gentilizio Brasidia, conferma la rarità e testualmente dice:
Se guardi il mio libro alla pagina 271 (Indice Onomastico – NOMINA), vedrai che io stessa ho trovato un’iscrizione di una signora BRASIDIA, L. F. (Brasidia, figlia di Lucius), ossia una donna ingenua, nel CIL X, 721, Surrentum. 
Bisogna vedere nel CIL X 721, da dove proviene l’iscrizione (quale città della Penisola), e non ci sono altre attestazioni in Penisola.
E quindi ormai sapiamo che esisteva un piccolo nucleo (per ora) della gens Brasidia a Sorrento.
Credo io che non troverai altri membri di questa gens nelle città della Lega (Magalhães,  Surrentum,  p. 256, n. 8 – Brasidia).
Nello stesso periodo proto-augusteo si pone anche un’altra iscrizione proveniente da Surrentum (CIL X 721), che attesta un monumento funerario fatto eseguire da Brasidia L. f per sé, per il figlio M. Tanonius M. f e per i suoi cognati.
assai interessanti nella nostra prosopografia sono gentilizi rarissimi come Brasidius (L.), Curatius (C.) (Fig. 12)5~, Dolutius (M.) (Fig. 13)59, Eiedius, Elemonius/Hef mnnius (C.) (Fig. 14)60, Lasuccius61, Otincius, Tarul(l)ius e UrinaetJS
Gens Brasidia: senza confronti nelle altre regiones dell’Italia, trova l’unica altra attestazione a Clusium con un A. Pras(i}na Ar(unlis filius} (CIL Xl 2280) ed è forse originario dall’etrusco prasin{a] e Prasna (SCHUUE 1904 [rist. 1966], p. 91 );