Chiamami per nome…e ti dirò chi sono
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Ognuno di noi ne possiede uno o più di uno. Ognuno di noi lo ha ricevuto alla nascita, per i motivi più disparati gli è stato dato proprio quello…eh si! Il nome è quella parte di noi che ci accompagna tutta la vita e che, talvolta, ci caratterizza.
Fin dall’antichità l’uomo ha dato un nome ad ogni cosa e questo ce lo testimoniano tantissime fonti come fatto, evento, momento dell’evoluzione umana che affonda le sue radici anche in numerose culture e religioni. Ad esempio, nel libro della Genesi, dopo che Dio ebbe creato ogni cosa, compreso l’uomo, gli conferì il potere, l’autorità, l’onore di dare un nome ad ogni cosa che Dio stesso aveva dato lui.Ciò ci sottolinea che l’uomo ha ricevuto un grande privilegio, in quanto imporre un nome ha una forte connotazione non solo in termini di autorità fine a se stessa ma sottende una realtà sociale che non va mai data per scontata.
Dal punto di vista meramente sociale, dunque, dare un nome significa dare, attribuire un’identità e caratteristiche proprie, imprimere delle qualità che rendono quell’oggetto o quella persona unico, irripetibile e sicuramente diverso da tutti gli altri. Dare un nome, nominare ha una profondità che scende fin dentro al cuore, scavando fino ad imprimersi misteriosamente nell’animo. Questa concezione secondo i latini, collideva col pensare che il nome fosse il simbolo esteriore dell’essenza, della sostanza, appunto, interiore; ergo esso possiede delle qualità divine, quasi mistiche se non magiche.
Ripetutamente riecheggiano, nella nostra mente, nomi di chi non c’è più probabilmente per tenerne vivo il ricordo, ma non solo…ripetere un nome aiuta a stabilire un contatto, una connessione empatica che aiuta ad azzerare ogni barriera. Nominare, dire il nome ad alta voce o nei propri pensieri è sinonimo di chiamare e quest’atto stabilisce quel che a tutti gli effetti un’appartenenza di fatto. Del resto, sempre i latini dicevano “Nomina sunt omnia” ovvero i nomi sono gli uomini, dunque chiamare implica il riconoscersi e, in un certo qual modo, l’appartenersi in un modo estremamente intimo e confidenziale.
Questo riconoscersi nel nominare è quasi un abbandono volontario alla socialità, alla conoscenza, allo stabilire la prima forma di legame stabile…e come in un vortice più si desidera nominare, più si desidera essere nominati a sua volta ma anche che ciò che si nomina voracemente resti impresso come un tatuaggio nella memoria e che nemmeno u piccolissimo dettagli sfugga alla nostra attenzione.
Lo stesso Oscar Wilde dice che per non farsi rubare l’oggetto del suo desiderio teneva celato nel suo cuore il nome della persona amata, forse a volerci insegnare a custodire quella persona e proteggerla da chiunque altro, o forse ancora per essere gli unici a poter ripetere quel nome fino all’infinito per soddisfare ogni desiderio.
Inoltre, il nostro mondo oggi è caratterizzato sempre più da quel fare fragile e incostante che il sociologo Zygmunt Bauman (il mio sociologo preferito!) chiama “società fluida”, liquida come quell’acqua che senza un buon recipiente non ha forma e sfugge inesorabilmente dalle mani. Dunque l’arte del dare un nome, per gli addetti al marketing, “Naming” è fondamentale per ripristinare una stabilità, una conoscenza concreta e profonda, ritorna dunque il dare una forma a ciò che resterebbe solo astrattezza.
A questo punto ripetiamolo come un mantra quel nome che come un balsamo sana ogni ferita, ripetiamolo con quell’impeto e quella forza che, come un’onda, ci avvicina sempre più a quel che dal nulla comincia prendere forma.