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Cronaca
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Report sulle difficoltà del limone Costa d’Amalfi: Aceto e Amato divisi sul futuro

10 febbraio 2025 | 13:33
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Report sulle difficoltà del limone Costa d’Amalfi: Aceto e Amato divisi sul futuro

Report mette in luce la crisi che minaccia il limone Costa d’Amalfi IGP, con il conflitto tra i produttori Salvatore Aceto e Angelo Amato che dividono il consorzio e aggrava le difficoltà economiche del settore.

La Costiera Amalfitana, una delle perle del Mediterraneo, sta vivendo un momento critico per la sua eccellenza agricola più amata: il Limone Costa d’Amalfi IGP. Questo frutto, simbolo di tradizione e qualità, è messo a dura prova da una serie di difficoltà che minacciano la sua sopravvivenza. A raccontarlo sono i produttori stessi, che, nel corso di un recente servizio di Report su Rai3, hanno svelato le difficoltà economiche legate alla coltivazione di questo frutto pregiato.

Salvatore Aceto, uno dei produttori intervistati, ha raccontato le problematiche quotidiane che affronta. Il limone Costa d’Amalfi IGP è un prodotto unico: la sua buccia è commestibile, la sua polpa è ricca di oli essenziali e il suo profumo è così intenso che rimane sulle mani più a lungo di un profumo Chanel. Un frutto che, come sottolinea Aceto, “non si butta via nulla”. Tuttavia, nonostante la qualità e il rispetto dei rigidi disciplinari che regolano la sua produzione, i prezzi per i produttori non sono adeguati al lavoro che comporta la coltivazione del limone.

Un’eccellenza in pericolo

Per essere definito “Costa d’Amalfi”, il limone deve rispettare rigidi disciplinari: può essere coltivato solo nei 13 comuni riconosciuti dall’indicazione geografica, deve crescere su pergolati di castagno e la sua produzione è legata a pratiche agricole sostenibili. La raccolta, che avviene tra febbraio e ottobre, è regolamentata nei minimi dettagli, compresa la tradizionale trasportabilità a mano o sui muli. Ma questi sforzi non bastano per garantire un reddito adeguato ai coltivatori. Infatti, mentre il prezzo del limone inizia a 2,30 euro al kg, in alcuni periodi dell’anno scende drasticamente a 70 centesimi, con i produttori costretti a vendere per non vedere il frutto marcire sui rami. Un prezzo che non soddisfa le aspettative di molti coltivatori e soci della cooperativa, una “fatica a perdere” nel coltivare i limoni a queste condizioni economiche come sostiene Roberto Di Crescenzo, un altro produttore della zona, conferma questa difficoltà, sottolineando la crescente insostenibilità di una situazione che non garantisce più nemmeno i costi di produzione.

La Diatriba all’interno del Consorzio

Il servizio di Report ha messo in evidenza anche una frattura interna al Consorzio di Tutela del Limone Costa d’Amalfi, che vede contrapposti due schieramenti. Salvatore Aceto ha denunciato la situazione insostenibile che i produttori vivono, parlando di un mercato che non riconosce più il valore di un frutto che una volta veniva considerato “oro giallo”. Dall’altra parte, Angelo Amato, presidente del consorzio, ha una visione diametralmente opposta. Nonostante non abbia partecipato alla trasmissione a causa di un giudizio civile in corso con alcuni produttori, tra cui proprio Aceto, Amato  difende l’evoluzione del mercato e la qualità del prodotto, sostenendo che, grazie a una gestione più oculata, il prezzo del limone è anche aumentato e che chi vende a meno non sta rispettando gli standard qualitativi richiesti.

Questa spaccatura all’interno del consorzio rischia di avere gravi ripercussioni sulla produzione del limone Costa d’Amalfi. In un mercato sempre più competitivo, la divisione tra i produttori potrebbe indebolire la posizione del consorzio e compromettere l’immagine di uno dei prodotti agricoli più distintivi d’Italia. La difficoltà di trovare un accordo tra le diverse visioni potrebbe infatti portare alla perdita di una tradizione secolare che ha reso famosa la Costiera Amalfitana nel mondo.

Il futuro del Limone Costa d’Amalfi IGP è quindi più incerto che mai: se non si troverà una soluzione che concili la qualità con le esigenze economiche dei coltivatori, rischiamo di dire addio a una delle eccellenze che ha fatto grande questa terra. La situazione attuale è una sfida che va oltre l’aspetto economico, toccando le radici stesse di un patrimonio culturale che rischia di scomparire.