È morto Roberto De Simone, dieci anni fa l’indimenticabile lezione nel Chiostro di San Francesco

8 aprile 2025 | 10:23

È morto Roberto De Simone, dieci anni fa l’indimenticabile lezione nel Chiostro di San Francesco

Il maestro della contaminazione culturale e della verità nascosta rivive nelle parole pronunciate a Sorrento nel 2015

di lucio esposito

Ho cercato per tutta la vita la verità. Non quella scritta nei libri di storia, ma quella scritta nell’anima delle persone.
Era il 2015 quando Roberto De Simone, in una serata memorabile nel Chiostro di San Francesco a Sorrento, pronunciava queste parole davanti a un pubblico incantato. Oggi, a poche ore dalla notizia della sua scomparsa, avvenuta il 7 aprile 2025, quelle parole risuonano come un testamento spirituale e artistico.

L’incontro, organizzato nel cuore della città sorrentina, fu molto più di una conferenza: fu un viaggio interiore, una lectio magistralis sull’essenza del vivere, dell’arte, della memoria. In quell’antico chiostro – che lui stesso definì “contaminato come ogni verità autentica” – De Simone parlò della sua incessante ricerca di senso, attraverso le biblioteche, la musica, l’incontro umano.

“Ogni individuo rappresenta una biblioteca sconosciuta. Ogni incontro è una scoperta.”

Musicista, etnomusicologo, scrittore, regista, ex direttore artistico del Teatro San Carlo e del Conservatorio di San Pietro a Majella, De Simone ha attraversato decenni di cultura italiana con uno sguardo unico, capace di tenere insieme sacro e profano, oralità e archivio, San Gennaro e Diego Maradona, Mozart e i canti della tradizione napoletana.

Non sono io che ho contaminato la realtà, è la realtà stessa che è pura contaminazione”, dichiarò con fermezza. La sua fede era definita “eretica”, non convenzionale, ma profonda: “La fede è incontro con il mistero, non appartenenza a un dogma”.

Durante quella serata sorrentina, ricordò anche il valore della biblioteca del San Pietro a Majella: “Unica al mondo. Lì ho trovato manoscritti di Mozart, Donizetti, Bellini. Ma la verità della storia è fatta anche di voci vive, che nessun documento potrà mai restituire.

Dieci anni dopo, quelle parole sembrano attraversare il tempo. Il chiostro di San Francesco oggi è silenzioso, ma vibra ancora del suo pensiero. I balconi, i fiori, la pietra: tutto diventa testimone della sua visione profonda e poetica.

Roberto De Simone se n’è andato, ma ci lascia una mappa per ritrovare le nostre radici, fatta di musica, di sogni, e di incontri tra anime.

Sorrento e la Penisola Sorrentina celebrano l’eredità artistica e intellettuale del grande Maestro

Nel cuore della Penisola Sorrentina, tra scorci di mare e silenzi carichi di memoria, la voce della tradizione ha un nome preciso: Roberto De Simone. La sua presenza, discreta ma carismatica, ha attraversato negli anni le piazze e i teatri della costiera, lasciando un segno indelebile nella cultura del territorio. Nel 2006, il Premio “Salvatore Di Giacomo” di Sant’Agata sui Due Golfi gli è stato conferito per il valore eccezionale della sua opera: un riconoscimento che sancisce un legame già profondo tra il Maestro e queste terre.

La commissione giudicatrice quell’anno scelse due figure cardine del panorama artistico napoletano: Roberto De Simone, somma autorità della musica colta e popolare, e Marisa Laurito, attrice e cantante capace di incarnare con ironia e passione l’anima napoletana, proprio come Di Giacomo avrebbe desiderato.

Non era la prima volta che Sorrento tributava il proprio omaggio al Maestro: anni prima, De Simone era già stato insignito del premio “Sorrento nel mondo”, a testimonianza della stima costante e crescente che la comunità locale ha sempre nutrito nei suoi confronti.

La casa e l’anima del Maestro

In un’intervista apparsa su Surrentum nel luglio 2013, De Simone veniva ritratto nel suo ambiente: una casa intrisa di storia, traboccante di presepi antichi, spartiti, immagini sacre, dediche e libri. Un luogo che rispecchia pienamente l’identità di un uomo che ha saputo coniugare ricerca e creatività, oralità e documento, teatro e liturgia.

Le sue opere – dal Requiem per Pier Paolo Pasolini a La Gatta Cenerentola, fino a Santa Giovanna dei macelli – sono capitoli fondamentali della cultura italiana del secondo Novecento. Ma è il suo approccio, rigoroso e appassionato, a fare di De Simone una figura imprescindibile: un artista che ha restituito dignità alla memoria popolare, sfidando le convenzioni della cultura ufficiale e rifiutando la banalizzazione della tradizione.

Non era la curiosità ma un fatto etico“, spiegava lui stesso, parlando del suo lavoro. “Un dovere iniziato fin dai tempi della Nuova Compagnia di Canto Popolare, quando si trattava di ridare voce al popolo, non di imitarlo.”

Un Maestro che non si ferma

Nel 2015, di nuovo in Penisola, De Simone fu ospite d’onore a Sorrento in occasione dell’uscita del suo libro Satiricon a Napoli ’44, pubblicato da Einaudi. Ancora una volta, l’intellettuale irrequieto, lo studioso appassionato, il musicista militante si faceva portavoce di una riflessione profonda sul nostro passato recente, filtrato dalla lente ironica ma acuta di chi sa guardare dentro le contraddizioni della Storia.

E anche nei contesti più disparati – come il “Premio Cypraea” del 2001 a bordo di una motonave nella baia di Napoli – la presenza di De Simone ha sempre irradiato carisma e autorevolezza, mescolandosi con naturalezza a giovani talenti e nuovi linguaggi.

L’eredità viva

In un altro intervento su La Terra delle Sirene, De Simone espresse dubbi sulla canzone piedigrottesca, considerandola espressione di un’estetica piccolo-borghese lontana dalla vera tradizione orale popolare. Un’opinione che ribadisce ancora una volta la sua visione lucida e controcorrente, scomoda per alcuni, necessaria per molti.

La Penisola Sorrentina lo ha riconosciuto, ascoltato, celebrato. E lo fa ancora oggi, ogni volta che una scuola porta in scena La Gatta Cenerentola, che un musicista riprende un canto tradizionale con rispetto filologico, che uno studente legge con passione i suoi testi.

Perché Roberto De Simone non è solo un artista, ma un ponte vivente tra passato e futuro, tra la voce del popolo e la scrittura colta, tra la memoria e la scena. E Sorrento – come tutta la sua terra – continua a dargli spazio, ascolto e gratitudine.