Il giudice Paolo Borsellino moriva 31 anni fa, il 19 luglio 1992

E’ il 19 luglio 1992 quando la mafia uccide Paolo Borsellino e la sua scorta, facendoli saltare in aria a via D’Amelio, nel centro di Palermo. Borsellino era nato il 19 gennaio 1940 a Palermo. In prima linea con Giovanni Falcone nel pool antimafia, combatte strenuamente la criminalità organizzata.

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940 dove la famiglia possiede una farmacia. Laureatosi con lode in giurisprudenza presso l’Università del capoluogo siciliano nel 1962, partecipa nel 1963 al concorso di accesso alla magistratura, divenendo allora, il più giovane magistrato italiano.
Nel 1967 diviene quindi Pretore di Mazara del Vallo e, successivamente, Pretore di Monreale dove lavora con il capitano dei Carabinieri Basile disarticolando l’organizzazione mafiosa locale con una serie di arresti di affiliati ai clan. A seguito dell’omicidio del capitano Basile in un agguato della mafia palermitana, Paolo Borsellino e la sua famiglia sono protetti dal servizio di scorta.
Dal 1975, Borsellino lavora presso l’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo occupandosi dei clan mafiosi della città e proseguendo così l’approfondimento delle indagini di Boris Giuliano. In questo ufficio, instaura un saldo rapporto umano e professionale con il giudice Rocco Chinnici con il quale stava sperimentando l’efficacia di una specializzazione degli inquirenti nella lotta alla
criminalità organizzata. Dopo l’omicidio di Chinnici nel 1983, a capo dell’Ufficio è nominato Antonino Caponnetto; egli, comprendendo le potenzialità del coordinamento delle indagini e dello scambio di informazioni tra magistrati addetti, instaura pertanto il c.d. “pool antimafia” di cui fanno parte – oltre a Caponnetto e Borsellino – anche Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.
Grazie a questa iniziativa e al generale miglioramento delle capacità investigative anche sotto il profilo degli accertamenti bancari e patrimoniali, il pool ordina numerose misure di custodia (tra cui quella nei confronti di Vito Ciancimino) iniziando a ricevere le prime dichiarazioni di collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno, successivamente essenziali per l’istruzione del c.d. maxi processo. Nel 1985, per ragioni di sicurezza, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone sono ospitati nella foresteria del carcere dell’Asinara per la redazione degli atti necessari alla preparazione del processo citato che si concluderà a Palermo nel 1987 con 342 condanne, infliggendo un durissimo colpo a “Cosa nostra”.
Nel dicembre 1986, Paolo Borsellino è nominato Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel 1992, dopo il congedo di Caponnetto dall’Ufficio istruzione per motivi di salute e il trasferimento di Falcone a Roma quale Direttore degli Affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia, ritorna al Tribunale di Palermo come Procuratore aggiunto per coordinare l’attività distrettuale antimafia.
La strage di Capaci del 23 maggio dove perse la vita l’amico e collega Giovanni Falcone provocò in lui una profonda sofferenza. Il pomeriggio del 19 luglio 1992, Paolo Borsellino era diretto verso la casa della madre dopo aver pranzato con la famiglia a Villagrazia di Carini. Un’auto carica di tritolo parcheggiata in via D’Amelio veniva fatta esplodere cagionando la morte del magistrato e dei cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Giunto sul luogo della strage, l’ex-capo dell’Ufficio di Falcone e Borsellino, il giudice Antonino Caponnetto disse, sopraffatto dallo sconforto: “è tutto finito, non c’è più niente da fare”. Ma, al funerale, cui partecipò una folla di circa 10.000 persone, il giudice Caponnetto, evidentemente animato da rinnovata determinazione, ebbe a dire: “Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà
diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi”.

 

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