Sorrento. Venerdì 12 febbraio 2021 alle ore 16.00 presso il Museo Civico San Francesco nel Chiostro di San Francesco, organizzata dall’Istituto di Cultura “Torquato Tasso, Pasquale Giustiniani presenta “Giuseppe Giustiniani, filosofo e vescovo”. Introdurrà Gaetano di Palma.
La conferenza sarà trasmessa in diretta da Positanonews.
Si ringrazia l’Assessorato alla Cultura del Comune di Sorrento e la Gelateria Primavera per il contributo dato alla realizzazione dell’evento.
La motivazione di questa scelta da parte dell’Istituto di Cultura Tasso, nella persona del presidente Luciano Russo, di argomentare intorno a Giuseppe Giustiniani, sta nel fatto che egli era un letterato e filosofo, prima di essere vescovo. E’ opera sua la lapide dedicata al Tasso nella Cattedrale di Sorrento e la valorizzazione del sommo poeta sorrentino.La sua grande attualità sta nel fatto di aver organizzato tante cose in favore dei diseredati e mendicanti . Fu vittima di un contrasto con il Governo Italiano di cui riportiamo alcune pagine del libro :
SALVATORE PETTI
L’ARCIVESCOVO GIUSTINIANI ED IL CONTRASTO CON IL GOVERNO ITALIANO
(Il caso di Vico Equense nel 1899) Associazione Studi Storici Sorrentini 1994
MONS. GIUSEPPE GIUSTINIANI Arcivescovo di Sorrento (1886-1917)
Giuseppe Giustiniani nacque a Napoli il 19 marzo 1835 da Salvatore e
Maria Conte. Fu Parroco di S. Caterina in Foro Magno e professore di teologia
e filosofia nel liceo arcivescovile. Diventò, poi, Rettore del Seminario, quindi
Parroco e Canonico del Duomo di Napoli.
Due volte rinunciò all’episcopato, la terza volta gli fu imposto da Leone
XIII. Così nel concistoro del 7 giugno 1886 fu proclamato Arcivescovo di
Sorrento.
Il suo ingresso in Diocesi, il 16 settembre, fu trionfale; a Meta i fedeli
staccarono i cavalli dalla carrozza e la trascinarono a mano sino a Sorrento
sotto una pioggia di fiori.
Venuto a Sorrento, Giustiniani osservò che la cittadina pullulava di
poveri che infastidivano i molti forestieri che vi erano in visita. Decise di
ovviare all’inconveniente ed istituì la Conferenza di S. Vincenzo de Paoli, per
aiutare in modo costante gli indigenti. Poi col suo personale risparmio, col suo
sacrificio e col concorso di molti benefattori, riuscì a fornire Sorrento di
un mendicicomio che potesse ospitare decorosamente i poveri della
cittadina. E’ l’Ospizio di S.Antonio, ancor oggi vanto dell’opera del Giustiniani.
Per avviare ai retti principi filosofici i giovani preti, fece riprendere gli
studi tomistici, fondando l’Accademia di S.Tommaso, con una cattedra
permanente di commento della “Summa”, cui settimanalmente egli stesso,
per molti anni, dette lezione.
L’Accademia si riuniva quattro volte l’anno per ascoltare le dissertazioni
degli accademici e degli uditori.
Nella ricorrenza di S. Tommaso vi era adunanza generale.
Nel Seminario fondò una Accademia di Sacra Predicazione dedicata a S. Giovanni Crisostomo.
S’impegnò molto per la formazione del clero e per la diffusione e
promozione dell’ insegnamento del catechismo nelle scuole e nelle parrocchie,
diffondendo in tutta la Diocesi le Opere Pontificie della Propaganda della
Fede, delle Missioni e della S. Infanzia.
Lavorò con zelo per costituire l’ufficio di Canonico Teologo. Per venire
incontro alle necessità del clero, in malattia e nella vecchiaia, realizzò la
prima forma di assistenza e previdenza ecclesias tica in Italia con la
fondazione dell’Istituto Leonino di S. Giuseppe. In occasione del centenario
della dichiarazione dei diritti dell’uomo, fatta in Francia nel 1789, con
apposita pastorale volle proclamare i “diritti di Gesù Cristo e del suo regno
sociale”, e l’ultima domenica di giugno del 1899 con grande solennità pose
una corona d’oro sul capo dell’immagine del Sacro Cuore nella Chiesa
Cattedrale, mentre tutte le campane della Diocesi suonavano a festa; con altra
pastorale consacrò tutti gli uomini al S. Cuore di Gesù.
Fu molto sensibile ai problemi del laicato e ne intuì a fondo l’importanza,
per cui si impegnò molto nella costituzione di circoli di gioventù cattolica,
comitati diocesani, comitati parrocchiali, società cattoliche. Per primo in
Italia, inserì le norme dell’Azione Cattolica nella Costituzione V del suo
Sinodo (1897).
Aveva eloquio facile e spedito, ed era ascoltato semp’re con
soddisfazione sia dal clero che dal popolo. Per cui non stupisce che a
Roma il suo discorso tenuto in S. Giovanni in Laterano per sacerdoti
“Adoratori” incontrò l’ammirazione generale dell’Assemblea. Nè stupisce
che abbia ricevuta dal Cardinale Rampolla, Segretario di Stato, le più
vive congratulazioni per il suo bel discorso tenuto ai sorrentini, da lui
guidati in pellegrinaggio a S. Pietro perl’ Anno Santo del 1900, nell’a trio della
Basilica prima di varcare la Porta Santa.
Personalità eccellente, si impegnava anche negli avvenimenti civili per
dare loro senso comunitario e religioso. In occasione della ricorrenza del
terzo centenario della morte di Torquato Tasso, ponendo fine ai festeggiamenti
il 24 aprile 1895, fece porre a memoria di ciò una lapide sulla facciata esterna
della Cattedrale, ed un’altra fu posta, per iniziativa del Capitolo, nella
cappella del battistero, ove il Tasso fu battezzato 1’11 marzo 1544.
Cercò di migliorare ed abbellire la sua Cattedrale con lavori di pregio.
Visse in prima persona il travaglio dei grandi avvenimenti d el suo
tempo, seguendo con attenzione il difficile processo di unificazione del Regno
d’Italia ed i tesi rapporti tra lo Stato e la Chiesa-in cui va inserito il suo “atto
di insubordinazione dell’agosto del 1899 a Vico Equense” -, la forzata
chiusura del Concilio Vaticano I, la lotta al positivismo ed al materialismo e
lo scoppio della I guerra mondiale.
Improvvisamente si spense il 30 giugno 1917, all’età di ottantadue anni
e trentun anni di governo della diocesi. Per suo espresso desiderio le sue
ceneri, dopo alcuni anni dalla morte, furono traslate nell’Ospizio di
S.Antonio, da lui fondato, in un monumento funebre che i sorrentini vollero
erigergli.1
La continua azione pastorale di Giustiniani ed il suo impegno civile e
morale sono testimoniati dai tanti suoi scritti che, di volta in volta, hanno
sottolineato gli avvenimenti di cui è stato artefice, testimone, ispiratore,
promotore. Quì di seguito riportiamo, in rassegna, i suoi scritti (da noi conosciuti).
– Littera Pastoralis Illustrissimi ac Reverendissimi Domini Joseph
Giustiniani Archiepiscopi Surrentini Ad Clerum et populwn suum, Neapoli,
ExTypographia ArchiepiscopaliJoannis de Bonis,MDCCCLXXXVI, (pp.13).
– Archidiocesi di Sorrento, Funerali Generali della Domenica 30 settembre,
S.Agnello di Sorrento, Tipografia all’ Insegna di S.Francesco d’Assisi, 1888
(pp.16).
– Statuto dell‘Accademia degli Umili di S.Tommaso d’Aquino eretta nel
Seminario Arcivescovile di Sorrento il 7 marzo 1889, Sorrento, Tipografia
Succursale Festa, via San Cesareo, 1889 (pp.7).
– Accademia degli Umili di S. Tommaso d’Aquino eretta nel Seminario
Arcivescovile di Sorrento il 7 marzo 1889, Sorrento Tipografia Succursale
Festa, 1889 (Discorso inaugurale e Statuto, pp.31).
– Archidiocesis Surrentina Littera Pastoralis pro Synodo Diocesana
IL SINODO DEL 1897
Pastore zelante ed instancabile, l’Arcivescovo Giustiniani convocò nel
1897 il Sinodo Diocesano, definito da Mons. Trombetta “monumento imperituro
della sua sapienza” e dal Papa Leone XIII “Manna Celeste”.1
L’opera porta il seguente titolo.
“Prima Synodus Dioecesana quam Illustrissimus et Reverendissimus
Dominus Joseph Giustiniani Archiepiscopus Surrentinus celebravit diebus
VI, VIIetVIIlmensi Iunii AnniMDCCCLXXXXVII, Neapoli, ExTypographia
And. et Salv. Festa, 1897.”
Già nella “Littera Pastoralis pro Synodo Dioecesana celebranda” il
Giustiniani ricordava: “guae commoda guae ve utilitates a Synodorum
celebratione proficisqmtur in Ecclesia; atque quanta prudentia, quantaque
sapientia Sacri Canones per acta Conciliarum Oecumenicorum, aut per
Summorum Pontificumlitterastum exhortando, tum praecipiendo, universos
urgent Episcopos ad Synodos dioecesanas saepius convocandas” .
h ciò Giustiniani si rivelò un Vescovo ligio alla tradizione, ma che non
ignorava affatto le mutate esigenze della Chiesa e della società civile del suo
tempo. Infatti l’Arcivescovo d edicava un ampio spazio al tema del nuovo
as:mciazionismo cattolico, che è rivelatore di un’attenzione non effimera nè
occasionale, e neppure rituale. Basti ricordare la fondazione dei numerosi
circoli di Gioventù cattolica, Comitati diocesani e parrocchiali, società cattoliche
, durante il suo mandato. Anzi, fu lui che, per primo, tra tutti i Vescovi
d’Italia, fece inserire nel Sinodo le norme della ‘Azione Cattolica’.
Inoltre, nel titolo II della V Costituzione del Sinodo, intitolato “De laicis”, dopo aver rivelato che la “Fidelium catholicorum congregatio” –
definita “Ecclesia Dei vivi, columna ac firmamentum veritatis” – constat
enim ex Clericis et Laicis, divino iure a se invicem distinctis”, ne sottolineava
il ruolo e le funzioni.
Ci teneva, però, Giustiniani, a evidenziare, con sorprendente modernità,
il ruolo della Parrocchia, cellula fondamentale della Chiesa, a cui i laici
devono fare riferimento, ed affidava al Parroco il compito di promuovere
l’Azione Cattolica nelle sue varie articolazioni, scegliendo gli uomini migliori
ed i cristiani più motivati sul piano ideologico (“Caveant homines vanos et
gloriosos!!). Raccomandava, ancora, che i comitati parrocchiali agissero in
armonia col Comitato Diocesano, conformando le proprie attività a quelle
del Comitato superiore, ed auspicava una collaborazione tra le diverse
arciconfraternite e società cattoliche.
Una particolare, dettagliata ed approfondita trattazione meriterebbe
l’esame delle cinque Costituzioni e dei quindici Documenti, in cui
Giustiniani passò in rassegna tutti i problemi della sua vasta Arcidiocesi
alle soglie del 1900. Infatti, nè prima di lui, nè in seguito, fino ad oggi, è stato
effettuato un Sinodo così importante per gli argomenti trattati e per la vasta
partecipazione; mai è stato pubblicato un volume così ricco ed artic9lato,
fonte preziosa per la conoscenza della realtà sociale e religiosa della nostra
costiera.
Attenta cura, ancora, fu dedicata alla disciplina del clero.2
I sacerdoti dovevano essere “sine crimine”, “Dei dispensatores, habentes
mysterium fidei in coscientia pura”, “sedulam operam ecclesiasticis studiis
navent”, “caveant potissimum … saeculi fastum”, “nuptiarum convivia,
negotiationes lucrativas, et aleatorios ludos … evitent; neque profanis, aut
inanibus spectaculis intersint. Loca, ubi commessationibus et
compotati01ùbus indulgetur, non adeant. In apothecis, vulgo ‘caffè’, non diu
immorentur, nec inibì ludo assistant, et eo minus libera les ephemeridies
perlegere audeant” .3
Venendo al caso del CanonicoParascandolo-chetratteremodiffusamente
in seguito-, il quale aveva fatto a Casapulla il noto discorso in onore di
Mons. Natale, giustamente, l’Arcivescovo Giustiniani si richiamava a
quanto si era stabilito col Sinodo:”Nihil ergo aout legendum aggrediantur
in publiicis conventibus vel academiis, aout typis irnprimendum, penes nos
sive alibi, nulla Nostra licentia freti. Libros quoque, qui de artibus
scientiisque mere naturalibus tractant, eos prohibemus publicare, quos
prius non noverimus. Item prohibemus quominus absque praevia nostra
venia, diaria vel folia periodica moderanda suscipiant” .’1
Nella fattispecie, il Canonico Parascandolo, non solo non aveva sottoposto
il suo discorso al suo Vescovo, ma lo aveva anche fatto stampare. E
Giustiniani faceva notare e sottolineava tale irregolarità alle Autorità dello
Stato, difendendo la legittimità del suo operato.
Il Sinodo fu pubblicato nel 1897 5, in un ampio volume di circa trecento
pagine e scritto in lingua latina.
MONS. GIUSTINIANI ED IL LAICATO CATTOLICO.
Per rendersi conto del temperamento e dell’attività dell’ Arciv. è illuminante
l’inchiesta a suo carico e la punizione che doveva essere esemplare e
comunque tale da scoraggiare analoghe iniziative in Italia. Si voleva,
evidentemente, non solo punire, ma piegare ed umiliare l’indomito
Giustiniani, per mortificare ed imbavagliare tutto il movimento sociale, che
a lui faceva riferimento e da lui riceveva impulso.
Il Ministro Bonasi, riprendendo le parole d el Prefetto 1, faceva capire che
non era il singolo episodio a renderlo inquieto, ma l’atteggiamento del
Vescovo di Sorrento, la cui azione pastorale si era rivelata particolarmente
efficace nel promuovere ed organizzare tutte quelle associazioni cattoliche,
che si sviluppavano e dispiegavano un’ attività fortemente in polemica con
le pretese totalizzanti dello Stato liberale.
Nel Mezzogiorno, annotava Scoppola2
, “la mentalità e lo stato d’animo
transiger:ite è più diffuso”, poichè i Vescovi ed i Parroci del Sud erano spesso
invischiati nelle vicende politiche locali, legati al notabilato ed incapaci di
esprimere “un atteggiamento di opposizione e di lotta vivace”. L’astensionismo
di Giustiniani era raro ed eccezionale nel panorama d el movimento cattolico
meridionale, e pertanto andava colpito.
Non bisogna dimenticare che già Di Rudinì (precedente Presidente del
Consiglio dei Minis tri) aveva fatto emanare delle circolari, che raccomandavano
ai Prefetti di sorvegliare le adunanze dei cattolici. A Napoli nel maggio
1898 i vari comitati si erano sciolti o “evaporizzati”, così pure a Sorrento don
Giovanni Attardi indicava la paura “come causa dell’anemia dei comitati e
delle società cattoliche” . Le opere, egli scriveva in un italiano molto
L’ATTO DI INSUBORDINAZIONE DELL’ARCIVESCOVO
A comprendere la realtà religiosa e sociale di Sorrento e della Penisola
Sorrentina ci è di aiuto il “grave atto di intolleranza”, come fu definito, commesso
a Vico Equense dal Vescovo Giustiniani domenica 27 agosto 1899, m
occasione della festa patronale, nella Chiesa di S.Ciro.
I fatti si possono oggi ricostruire sulla base della documentazione rinvenuta
presso l’Archivio Centrale dello Stato (Roma) e grazie allo spoglio di numerosi
giornali dell’epoca, che registrarono l’avvenimento ed i successivi risvolti per
parecchio tempo.
Dopo pochi giorni dall’episodio, la Procura Generale del Re, presso la
Corte di Appello di Napoli (Gabinetto, nA 20 di Prot., in data 6 settembre
1899) trasmetteva al Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti quanto il
Procuratore del Re gli aveva riferito: “” Domenica 27 agosto 1899, a Vico
Equense (Napoli), in occasione della festa di S. Ciro. patrono di quel paese,
l’ are. Giustiniani, dopo aver celebrato la messa piccola, ricevette nella sacrestia
il Sindaco e la giunta municipale per il solito bacio dell’anello episcopale.
Giunto il turno del canonico Gaetano Parascandolo1, l’Arcivescovo, con fare di severo rimprovero aveva ritirato la mano, dicendogli alla presenza di
tutti: ”Voi non siete degno di dare il bacio, perchè avete inneggiato all’Italia
ed alla Casa Savoia”.
Così dicendo , Egli voleva alludere al discorso patriottico, fatto dal
canonico Parascandolo il giorno 20 agosto 1899 in Casapulla (Caserta) nella
ricorrenza del centenario d ella morte del vesc. di Vico Equense, Mons.
Michele Natale, martire della Repubblica Napoletana del 1799.
Il Parascandolo protestò che non avrebbe mai rinnegata la patria e nelle
persone benpensanti l’atto di intransigenza usato dall’ are. venne commentato
molto sfavorevolmente, sollevando anche dei malumori.””
Il Procuratore Generale del Re ne informava così il Ministro di Grazia
e Giustizia per i provvedimenti che riteneva opportuno dare, in quanto
considerazioni di ordine superiore alla sfera delle sue attribuzioni
potevano influire sulla determinazione di iniziare o meno regolare
procedimento alla base del disposto dell’art.182 del Codice Penale. Egli
aveva creduto opportuno sospendere ogni soluzione al riguardo in attesa
delle istruzioni.
Concludeva che il fatto gli pareva assai grave e che prima di proporre
al Governo i provvedimenti che gli sembravano opportuni, aveva scritto per
accertar meglio le cose2
I FATTI NEI DOCUMENTI
Nell’esaminare i documenti che si riferiscono all’ “atto di insubordinazione
di Vico Equense”, la prima osservazione che si può fare è la differenza di
ottica con cui si osservano gli avvenimenti, a seconda del grado gerarchico
del funzionario che li redige. Infatti, i documenti redatti da chi ricopre
incarichi di maggiore responsabilità (Prefetto, Consiglio di Stato,
Procuratore Generale del Re, Ministro,. .. ), evidenziano la cautela che essi
ritengono opportuna nel valutare i fatti ed i provvedimenti da prendere
nonchè le loro possibili conseguenze, in relazione al particolare momento
storico che si sta attraversando.
Di contro, i documenti redatti da funzionari di grado inferiore, palesano
ed evidenziano la loro partigianeria, o, se si vuole, il loro attaccamento alle
Istituzioni ed allo Stato.
Comunque, tutto l’accaduto nella sacrestia della Parrocchia di S. Ciro a
Vico Equense, sarebbe passato sicuramente sotto silenzio, se il 1 settembre
1899 non fosse stata inoltrata una denuncia al Comm. Luigi Pelloux, Ministro
dell’Interno, da parte di Sebastiano Guagnini, ex maresciallo dei RR.
Carabinieri, contro l’ Are. di Sorrento.
Nel documento, che riportiamo di seguito, si nota la caratteristica forma
mentis di chi ha vissuto la sua vita in mansioni di polizia e che nemmeno
da pensionato rinuncia a fare ‘il suo dovere’ di riferire alle Autorità i fatti,
che si ritengono di un certo peso e di cui si viene a conoscenza non solo
diretta ma anche per ‘sentito dire’. Ecco il testo della lettera:
“” Domenica scorsa 27 u.s. mese in una chiesa di questo paese alla presenza
di molti signori e di una rappresentanza Municipale con alla testa il Sindaco
Sig. Acerbo, sciarpato, cioè in forma altamente Ufficiale per la ricorrenza
della festa patronale, Monsignor Giustiniani Giuseppe, vescovo di Sorrento,
rifiutò il baciamano usuale a questo rispettabile vegliardo Canonico
Parascandolo Gaetano con le parole: Non ammetto al baciamano colui che a Casapulla inneggiò all’Italia e a Casa Savoia; alludendo al patriottico discorso
fatto dal Parascandolo a Casapulla il 20 agosto pp. nella ricorrenza della
centenaria commemorazione dell’impiccagione di Mons. Natale avvenuta
per ordine dell’odiato Borbone.
Il Sindaco non disse acca, ed ora che teme la stampa e che vede prendere
serie proporzioni si trincera nell’ignoranza.
Questo è tutto, e siccome intravedo una certa gravità non ho creduto di
nascondere nulla alla giustizia ed al patriottismo di Vostra Eccellenza.
L’Arma locale informò del fatto superiormente, ma pare che l’egregio
Signor Ufficiale iermattina abbia iniziato qualche interrogatorio a persone
che non si possono pronunziare in merito.
Chi potrebbe delucidare è il profes. di lettere Raffaele Buonocore dico
Buonocore Raffaele.
E che forse sia dubbia l’assertiva del canonico Parascandolo? Egli è una
personalità spiccata, dotta, seria, attempata e ricca.
Pecca di troppo patriottismo. Ecco tutto, e siccome è p rete lo si vuole
bersagliare ecct.ecct .. Dato poi che questi sono paesi sventuratamente presi
da fanatismo religioso ha di conseguenza non pochi nemici pronti, per
pregiudicarlo, a dire una cosa per un’altra.
Del fatto, come della presente lettera sarà fatta una menzione sulla stampa.
Di Vostra Eccellenza ammiratore devotissimo.
Guagnini Sebastiano.
Maresciallo dei Carabinieri Reali in ritiro. LaDirezioneGeneraledegli AffariCivilie Penali del Ministero di Grazia,
Giustizia e dei Culti, il 6 settembre 1899, inviava al Prefetto di Napoli la
denunzia (con preghiera di restituzione), “affinchè si compiaccia di assumere
in proposito le occorrenti informazioni, di dare le disposizioni che reputerà
necessarie e in conformità d ella legge e della giustizia e di riferirne poi a
questo ministero”.
Il giorno 9 sett, in Vico Equense, compariva innanzi al Rag. Francesco
Rughini. Delegato Capo dell’Ufficio di P.S. di Castellammare di Stabia, il
Sacerdote Gaetano Parascandolo, fu Giuseppe, di anni 70, di Vico Equense,
Canonico dell’ex Cattedrale di Vico, il quale dichiarava:
“”Non è la prima volta che il Vescovo Giustiniani mi maltratta.
Sebbene prima di recarmi a Casapulla per la centenaria commemorazione
di Monsignor Natale, io avessi chiesto al detto Vescovo di Sorrento il suo
assenso, il 27 agosto p.p. in questa Chiesa del Patrono S. Ciro, di cui
celebra vasi la festa mentre io mi avvicinava lui per baciargli la mano, come
avevano fatto altri Canonici e secolari, tra cui il Sindaco, si ritrasse
dicendomi di non voler ricevere il bacio da colui che aveva inneggiato
all’Italia e Casa Savoia.
Le sue p recise parole furono appunto queste:
“Non ricevo bacio da colui che ha inneggiato all’Italia e Casa Savoia”.
Io gli risposi : “Non ho letto in alcun Vangelo che debba rinnegare la mia
Patria”.
Non potpotei dire altro perchè il Parroco Guidone mi raccomandò vivamente
di tacere.
Il. Vescovo Giustiniani manifestava indubbiamente in quel momento il
risentimento per aver saputo che col discorso letto a Casapulla io avevo
concluso con le parole: “Levate alta la voce e dite a tutti: Una è la nostra fede,
una la nostra patria, una la nostra bandiera, -Dio, Italia, Savoia”.
Il fatto avvenne nella sacrestia della Chiesa di S. Ciro, in presenza di oltre
un centinaio di persone, tra prelati e secolari.
Il Sindaco, che si trovava più vicino udì tutto e nello stesso giorno, anzi
dopo u scito dalla chiesa raccontò l’accaduto al Professore Raffaele Buonocore.
Ho poi saputo con meraviglia, che lo stesso Sindaco ha cercato di far credere che non avesse udito quanto avvenne, perchè in quel mornento era
distratto da altro pensiero.
Confermato e sottoscritto:
firmati: Gaetano Parascandolo: Francesco Rughini Delegato P.S.
Castellamare 9 Settembre 1899.””
La Legione territoriale dei Carabinieri Reali di Napoli, nel riferire, al
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli, l’incidente
avvenuto nella Chiesa di S.Ciro, faceva notare che il Comandante la locale
Compagnia Esterna, informato del fatto dal Comandante la Tenenza di
Castellammare, aveva creduto conveniente ‘intrattenere’ il Procuratore del
Re, “il quale gli ha fatto sentire che, sebbene egli non riscontri nell’occorso gli
estremi di cui agli articoli 182 e 183 del Codice Penale per una procedura 1,
ha però interessato il predetto Capitano, perchè gli trasmetta rapporto, cosa
che ha fatto, avendo intendimento di provocare provvedimenti al riguardo,
… “. LO SVOLGIMENTO DELL’INCHIESTA
Sulla base dell’inchiesta eseguita da Francesco Rughini, la Sottoprefettura
di Castellammare di Stabia, in data 9 settembre 1899, inviava al Prefetto di
Napoli un ampio rapporto in merito al “vilipendio delle istituzioni ad
opera del Vescovo di Sorrento”, riconfermando il rapporto del 2 corrente
ed aggiungendo nuovi particolari venuti in luce con le recenti indagini, che
rivelavano, a suo parere, tutta la gravità dell’accaduto.
“” Il Vescovo Giustiniani, verso le ore 8, nella chiesa gremita di popolo
celebrava la messa e la funzione della cresima, si avviava, attorniato da
oltre w1 centinaio di persone tra preti e secolari, alla sacrestia, ove tutti si
avvicinavano per baciargli la mano. Quando però gli si appressò il Canonico
ricevo bacio da colui che ha inneggiato all’Italia ed a Casa Savoia”.
‘”‘Si precisava, inoltre, che il prete Parascandolo di Vico Equense era da
tempo odiato dal Vescovo, “”apparentemente perchè accusato di relazioni
donnesche, ma in realtà perchè riconosciuto di sentimenti patriottici'”‘. La
conclusione del discorso tenuto a Casapulla in onore di Mons. Natale dal
Parascandolo aveva suscitato l’ira “” dello intollerante Vescovo Giustiniani che dopo sette giorni quasi a riaffermare la sua prepotenza, non paventò di
sfogare pubblicamente il suo odio contro le nostre istituzioni compiendo al
tempo stesso un atto che per la condizione di tempo e di luogo dava la
massima mortificazione al Parascandolo, il quale però appena riavutosi
dalla dolorosa sorpresa ebbe lo spirito di rintuzzare l’onta patita, rispondendo
a Monsignor Giustiniani: “Non ho letto in alcun Vangelo che debba
rinnegare la Patria”, ma un prete che era vicino lo indusse a tacere ed egli
interruppe il discorso incominciato e diede a termine l’incidente”” .
Il Sindaco Francesco Acerbo, presente all’incidente, dopo aver dato al
Vescovo l’obolo di lire 25 in una busta, secondo l’uso, non fece nulla per reintegrare l’offesa recata al sentimento nazionale, anzi si inchinò umilmente
e baciò la mano al Vescovo, ed insieme agli altri invitati assistè alle
successive funzioni religiose in chiesa, e seguì per il paese, in forma ufficiale,
la processione, cingendo la fascia tricolore. Di tale incidente, pur oggetto di
gravi discussioni in pubblico, il Sindaco non informò la Sottoprefettura di
Castellammare di Stabia, ma,. solo quando si cominciarono a fare indagini
da parte delle autorità, cercò di spargere la voce che non aveva udite bene
le parole del Vescovo, perchè era distratto. Successivamente, dietro insistenza
del Delegato Rughini, dovette ammettere che aveva udito solo la frase
“Baciate la mano all’Italia, baciate la mano all’Italia”, mentre dagli astanti
aveva saputo che il Vescovo aveva pure detto “baciate la mano a Savoia”,
che si diversificava dall’altra “Non ricevo bacio … ” pronunciata pure dal
Vescovo Giustiniani, secondo alcuni. Comunque, faceva notare il Sottoprefetto, siano state entrambe le frasi
pronunciate o una delle due, l’allusione offensiva alle istituzioni era palese
ed il Sindaco non poteva esimersi dal farne rapporto. Egli invece aveva
dichiarato di non averne sentito la necessità , non ravvisando nel fatto molta
importanza. Le parole del Vescovo Giustiniani, si insisteva nel rapporto,
contenevano certamente un’offesa alle istituzioni, pubblicamente c01;nmessa
da un ministro del culto e, poichè le prove raccolte dal Delegato e la denunzia
d el Canonico Parascandolo e la stessa dichiarazione del Sindaco toglievano
ogni dubbio sulla esistenza del fatto, riconosciuto come notorio anche dal
pretore locale, il Sottoprefetto si credeva in dovere di denunziare il Vescovo
all’Autorità Giudiziaria, informandone in precedenza il Procuratore del Re
per il delitto di cui all’art.182 del Codice Penale.
Già in un precedente rapporto del 4 ottobre 1897 (n.520), il Sottoprefetto
aveva segnalato lo spirito di intransigenza e di ribellione del Vescovo e si
dichiarava riprovevolissima anche la condotta del Sindaco Acerbo, per cui
suggeriva di adottare nei riguardi del Sindaco e del Vescovo provvedimenti
di rigore,'”‘ che sarebbero una giusta riparazione ed un salutare esempio agli
abitanti della Penisola Sorrentina, ove al risveglio del partito clericale molto
contribuisce lo spettacolo continuo di Sindaci ed amministratori municipali
che in forma ufficiale si prostrano dinanzi alle dignità ecclesiastiche'”‘.