Nel cuore della Penisola Sorrentina, la passione per l’archeologia ha trovato un rappresentante eccezionale in Renato De Angelis, un pioniere nel campo che ha contribuito a riscoprire e valorizzare un patrimonio storico di inestimabile valore. De Angelis, con il suo lavoro instancabile affiancando Antonio Radmilli, ha portato alla luce numerosi reperti che oggi costituiscono un prezioso contributo alla conoscenza della storia antica di questa regione. Tuttavia, la storia di questi reperti è complessa e non priva di controversie, soprattutto per quanto riguarda la loro destinazione finale.
Negli anni dal 1958 al 1963, con campagne estive, Radmilli, De Angelis e un altro gruppetto di amici, hanno scoperto e raccolto una serie di reperti straordinari che, per motivi di studio e conservazione, furono inviati a Pisa, precisamente all’Istituto di Paleontologia, ove afferiva il Radmilli. Questi oggetti, che rappresentano una parte significativa della storia della Penisola Sorrentina, avrebbero dovuto essere temporaneamente trasferiti per analisi approfondite. Tuttavia, una volta giunti a Pisa, il destino di molti di questi reperti si è avvolto nel mistero.
Diversi di questi tesori archeologici non sono mai tornati alla loro terra d’origine, ma sono rimasti nella città toscana, causando frustrazione e scontento tra gli studiosi e i cittadini locali. Tra i reperti inviati a Pisa, figurano non solo resti fossili ma anche oggetti di epoca medievale, trovati in contesti suggestivi come le grotte che un tempo ospitavano eremiti. Uno di questi, un femore attribuito inizialmente a un eremita medievale, è stato oggetto di studio all’Istituto, ma da allora non è più stato restituito alla comunità sorrentinense. L’attenzione dei ricercatori era soprattutto nelle Grotte, dalle Noglie di Punta Campanella a quella la Porta di Positano.
Di recente, la questione è tornata alla ribalta grazie a un appello pubblico fatto dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Campania, che ha richiesto formalmente il rientro dei reperti “perduti” a Pisa. L’obiettivo è non solo di recuperare questi tesori, ma anche di garantirne una giusta musealizzazione presso le istituzioni locali, affinché possano essere adeguatamente valorizzati e resi accessibili al pubblico.
La campagna per il ritorno dei reperti ha trovato il sostegno di numerosi accademici e cittadini, consapevoli dell’importanza di preservare il legame tra questi manufatti e il loro contesto originario. Si è fatto appello anche a istituzioni culturali e politiche per sostenere questa causa, nella speranza che i reperti possano finalmente essere esposti nei musei locali, arricchendo ulteriormente il patrimonio culturale della Penisola Sorrentina.
https://www.youtube.com/watch?v=rtfLjiTQ8EU&t=262s
L’opera di Renato De Angelis e di questo gruppo di ricerca sul territorio, non si limita solo alla scoperta e alla conservazione dei reperti, ma rappresenta un contributo fondamentale alla comprensione della storia locale. Il suo lavoro ha ispirato nuove generazioni di archeologi, tra cui suo figlio, Francesco De Angelis, oggi un rinomato Docente alla Columbia University , e capo spedizione archeologica in Italia che continua la tradizione familiare con passione e dedizione. Tuttavia, la storia dei reperti mandati a Pisa ci ricorda quanto sia delicata la questione della tutela del patrimonio storico e quanto sia importante garantire che tali beni tornino alle comunità cui appartengono.
In conclusione, il caso dei reperti preistorici è emblematico della lotta per la conservazione del patrimonio culturale. È fondamentale che le istituzioni coinvolte trovino un accordo per riportare questi tesori in Penisola Sorrentina, affinché possano essere ammirati e studiati nel loro contesto naturale, continuando a raccontare la storia millenaria di questa affascinante terra.
Comunque, ad onor del vero, i risultati di quelle ricerche furono di volta in volta, pubblicati rapidamente e sono leggibili in volumi per addetti ai lavori . In questo per esempio troviamo le indagini della Grotta La Porta a Positano. https://www.openprehistory.org/prodotto/rivista-di-scienze-preistoriche-xiii-fasc-1-4-1958/