Il tratto di costa tufacea più bello. Quello tra Meta e Piano con Ciro Ascione degli Amici del Mare

24 agosto 2024 | 12:58
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Il Maestro del Mare: Storia di Ciro, l’Artigiano delle Stelle MSC

Buongiorno ai lettori di Positano News! Oggi, sabato, ci immergiamo in una storia affascinante dalla nostra meravigliosa costa, accompagnati da amici del mare e da un comandante speciale. La nostra visita ci porta a scoprire un personaggio unico, un maestro fabbro ferraio che ha lasciato un segno nel mondo delle grandi navi da crociera.

Chi di voi ha mai notato quelle enormi stelle sulle navi della MSC? Quella grande stella bianca con la scritta “MSC” al suo interno, che troneggia sui fumaioli delle maestose imbarcazioni? Bene, oggi sveliamo l’autore di queste creazioni: Ciro, un tecnico di grande talento che, nel silenzio di un piccolo garage, ha realizzato qualcosa come 19-20 di quelle coppie di stelle, che molti hanno visto attraversare la penisola sorrentina.

Ciro, con la sua maestria e pazienza, ha realizzato queste opere d’arte metallica, unendo precisione e dedizione. Ogni stella è come un gioiello per lui, un ornamento perfetto come gli orecchini che completano la bellezza di una donna. Con i suoi pantografi e strumenti di lavoro, è riuscito a realizzare ogni stella nelle dimensioni perfette per ogni fumaiolo, rispettando le richieste che arrivavano direttamente da Ginevra.

La storia di Ciro è affascinante: dopo una vita passata in un settore completamente diverso, nella conduzione dei treni della Vesuviana – una tradizione di famiglia ereditata dal padre – ha saputo reinventarsi e trovare una nuova passione nell’artigianato navale. La sua carriera, che ha visto il passaggio dalla conduzione ferroviaria alla fabbricazione di elementi simbolici per navi, è un esempio di come la vita possa sempre riservare sorprese e nuove sfide.

Oggi, mentre qualche capello bianco inizia a fare capolino, Ciro continua a lavorare nell’officina insieme al figlio, che ha seguito le orme del padre. Tuttavia, il tempo degli “stelloni” è passato: ora si dedicano a lavori più delicati, legati agli ambienti interni delle navi da crociera, arricchendo quei luoghi di dettagli eleganti e raffinati.

In conclusione, siamo tre volte fortunati: primo, per essere nel cuore della nostra meravigliosa terra; secondo, per poter ascoltare queste storie che ci riportano ai valori dell’artigianato e del lavoro ben fatto; e infine, per aver incontrato Ciro, un maestro il cui lavoro continua a navigare per i mari del mondo, portando con sé un pezzo della nostra tradizione e passione.

Un Ritorno alla Radici per Ciro: Storia, Memorie e il Mare di Meta

Ciro, è vero che quando eri ragazzo venivi qui a giocare a pallone? Questo luogo, così intriso di storia e memorie, ti ha visto crescere e ora, dopo tanti anni trascorsi lontano, sembra quasi un ritorno a casa. Per noi è un privilegio ascoltare la tua storia, una storia che intreccia l’infanzia, il lavoro fuori e il meritato relax che oggi ti concedi con la barchetta e gli amici del mare.

Meta, con le sue colline alle spalle e il mare davanti, è un luogo che nasconde racconti antichi. Uno di questi riguarda il famoso rivolo d’acqua dolce, che un tempo scorreva impetuoso e che oggi ha cambiato volto. Questo rivolo, insieme alla sorgente che sgorgava sotto l’antica centrale elettrica, ha modellato la spiaggia di Meta, trascinando nel corso dei secoli detriti e sabbia dalle colline sovrastanti, come quelle di Arola e Lavinola.

Questa spiaggia, un tempo chiamata “Spiaggia del Purgatorio”, era un luogo vivace e attivo, dove si costruivano barche e si dava vita alla cantieristica locale. Tuttavia, l’intervento dell’uomo e le correnti marine, specie dopo la costruzione del porto, hanno modificato profondamente il paesaggio, spostando la sabbia e facendo scomparire gran parte della spiaggia. Restano solo pochi ruderi, ma la memoria di quel fervido lavoro e della chiesa del Purgatorio, attorno alla quale si raccoglievano le donne in preghiera per i loro mariti in mare, è ancora viva.

Oggi, il quadro che adornava quella chiesa si trova nel cimitero sotto al cappellone, mentre altre testimonianze come il paliotto dell’altare sono custodite nella sacrestia di Santa Maria del Lauro. Altri piccoli frammenti di quella storia, come statuette e reliquie, sono stati salvati e continuano a raccontare una parte importante della vita economica e sociale di questo luogo.

Ma torniamo al pallone. Si dice che proprio seguendo il corso d’acqua del rivolo, si sia scoperta una necropoli antichissima nei pressi della Trinità, la più antica della penisola, risalente all’epoca eneolitica. Secondo l’archeologo Mario Russo, questi primi abitanti salivano lungo il corso del rivolo, seguendo la sorgente d’acqua dolce dalla montagna, fino a stabilirsi in quella che oggi conosciamo come Meta.

Le tracce di questi abitatori antichi si trovano non solo nei resti di una fornace per ceramiche, legata alla cultura del Gaudo di 3200 anni fa, ma anche nei tratti ricostruiti di uno scheletro caucasico dalle caratteristiche mediorientali. È affascinante pensare come tutto sia nato da un filo d’acqua che ha guidato gli uomini fino a queste terre.

E così, in un certo senso, Ciro, il tuo ritorno a Meta e al mare con la tua barchetta si collega a quella storia antica. Un cerchio che si chiude, fatto di ricordi, tradizioni e una forte connessione con il passato. Una storia nella storia, dove ogni elemento, dall’acqua alle colline, racconta qualcosa di te e del luogo che chiami casa.


Il ritorno alle radici: una storia di mare, memoria e cultura. Incontro con Ciro Ascione 

Meta di Sorrento, un piccolo angolo della Penisola Sorrentina, racchiude in sé storie che si intrecciano tra passato e presente, tra il lavoro e il riposo, tra la fatica e la bellezza del mare. Questo articolo racconta il ritorno di chi, dopo aver vissuto lontano per anni, riscopre la terra delle proprie radici e si concede finalmente un meritato relax.

Il protagonista di questa storia è un uomo che ha trascorso l’infanzia a Meta, per poi dedicare la sua vita al lavoro altrove. Ora, il richiamo della terra d’origine è diventato irresistibile. Con gli amici di sempre, si concede lunghe giornate in barca, cullato dal mare che ha sempre amato. Tuttavia, il ritorno non è solo un’occasione di svago, ma anche di riflessione su ciò che questa terra ha rappresentato nel corso dei secoli.

La spiaggia del Purgatorio, un tempo viva e operosa, oggi è solo un ricordo. I ruderi che ancora si intravedono testimoniano la presenza di una chiesa e di un fervido cantiere navale, dove generazioni di artigiani hanno costruito barche. Quella spiaggia, così importante per lo sviluppo della cantieristica metese, è stata lentamente erosa dalle correnti e dall’intervento umano, fino a scomparire quasi del tutto. La costruzione del porto ha alterato le dinamiche marine, sottraendo la sabbia e lasciando il mare a lambire le vecchie strutture, cancellando le tracce di una storia che meriterebbe di essere ricordata.

Tuttavia, alcuni frammenti di quel passato sono sopravvissuti. Il quadro della chiesa del Purgatorio, simbolo della fede delle donne che pregavano per il ritorno dei loro mariti pescatori, si trova ora nel cimitero locale. Il paliotto dell’altare, un’opera di marmo intarsiato, è stato invece preservato nella sacrestia della chiesa di Santa Maria del Lauro. Sono piccoli ma significativi tasselli di una memoria collettiva che lega questa comunità alla sua storia.

Il legame con l’acqua, che ha sempre caratterizzato Meta, va oltre il semplice aspetto marittimo. Non lontano da queste spiagge, scorreva un tempo un ruscello d’acqua dolce, elemento vitale per gli abitanti della zona. Questo corso d’acqua, che attraversava le colline, ha modellato il paesaggio e favorito la nascita della spiaggia stessa. E proprio seguendo il percorso dell’acqua, si scoprono tracce ancora più antiche di insediamenti umani.

Sul colle della Trinità è stata rinvenuta una necropoli risalente all’epoca eneolitica, la più antica della Penisola Sorrentina. Secondo le ipotesi dell’archeologo metese Mario Russo, i primi abitatori della zona seguirono il corso d’acqua verso l’alto, fino a stabilirsi in prossimità della sorgente. Sono state trovate tracce di una fornace per la cottura delle ceramiche, datata a circa 3200 anni fa, testimonianza di una civiltà che, attratta dall’acqua dolce, ha contribuito a modellare il territorio.

Il ritorno in questo luogo non è solo un viaggio fisico, ma anche un ritorno alle radici culturali e storiche. Meta di Sorrento continua a raccontare la sua storia, fatta di mare, di lavoro, di fede e di un legame indissolubile con la natura che la circonda. E in questo scenario, chi vi ritorna dopo tanti anni ritrova non solo la pace del presente, ma anche l’eco di un passato che non si è mai del tutto spento.

Generico agosto 2024Generico agosto 2024Generico agosto 2024Generico agosto 2024


Dal volume le coste di Sorrento e Amalfi di Gianni Visetti

Generico agosto 2024

Il molo forma un bacino abbastanza ampio verso Alimuri, con

una grande spiaggia di forma pressoché circolare, mentre dal lato

opposto c’è uno specchio d’acqua molto più piccolo. Oltrepassato il

molo si naviga davanti alle ultime case della Marina di Meta, protette

da una piccola scogliera frangiflutti di scogli neri, e poi davanti

ad alcune vecchie abitazioni. Oltre queste vi sono i ruderi dell’antica

Cappella del Purgatorio (si distinguono chiaramente le mura perimetrali)

che in passato dava il nome a tutta la baietta, detta appunto

‘nterra O Priatorio (Purgatorio).

Dopo aver superato questi edifici cadenti, le cui fondamenta

sono ormai completamente erose dal mare, si costeggia un’arenile

lungo qualche centinaio di metri. Su questa spiaggia, divisa dal Rivo

di J1eta da una frana relativamente recente, si aprono varie grotte di

discrete dimensioni, ma poco interessanti.

Da qui alla Marina Grande di Sorrento il costone tufaceo a strapiombo

sarà sempre a ridosso dcl mare. D’ora in avanti si incontreranno

numerose grotte artificiali invase dall’acqua, scavate per

estrarre tufo da utilizzare come materiale per costruzioni. Quelle

che hanno invece il fondo all’asciutto sono per la maggior parte adibite

a depositi o usate per il rimessaggio invernale delle imbarcazioni.

A volte di queste grotte sono individuate con il nome del proprietario

o il nome delle imbarcazioni che vi si tiravano in secco o che

in tali grotte furono costruite. Così esistono le grotte ‘e 1011 Ciccio, ‘e

Giacchino, d”a Cambiale (soprannome), di’a Stella e d”o Sparviero (nomi

di imbarcazioni).

Nell’angolo a destra di questa piccola insenatura sbocca il Rivo

di Meta (Rivo Lavinola, Luvinola, o CC1mpite!li) che segna il confine

fra i comuni di Meta e di Piano. Quello in cui scorre è il primo dei

profondi valloni perpendicolari alla linea di costa che catatte11zzano

questa zona. Proprio alla foce di questo rivo esistono ancora delle

grotte usate per il rimessaggio e la costruzione di barche ed anche il

relativo scalo di alaggio. Nelle pareti si notano varie serie di piccoli

fori regolari un tempo usati come scala.

Inolte altre scale di vario tipo si incontreranno più avanti, ma

tutte pericolosissime o addirittura impraticabili a causa di pezzi mancanti

in quanto franati o erosi dagli agenti atmosferici. Queste scale

sono conosciute da molti come le scale dei contrabbandieri ma a tale

proposito una precisazione è d’obbligo. In origine furono scavate

in prossimità degli ingressi delle grotte artificiali per permettere agli

operai che vi lavoravano cli tornare a casa nel caso si fosse messo un

maltempo tale da non consentire alle barche di andarli a recuperare

normalmente via mare. Solo in epoche successive furono effettivamente usate dai contrabbandieri per eludere la sorveglianza dei

gendarmi e per sbarcare indisturbati le merci che arrivavano con i

bastimenti che venivano in Penisola a caricare agrumi.

E bene prestare un minimo di attenzione ai numerosi scogli a fior

d’acqua esistenti in questa piccola baia, specialmente in prossin1ità

del rivo, anche se la maggior parte di essi sono ben evidenti e coperti

di alghe. Nella parete che va dal rivo alla punta c’è ancora un’altra

grotta e a sinistra di questa, in alto, si vede un foro molto più piccolo,

probabilmente aperto per dare luce ad un passaggio interno.

Lo sperone che chiude questa insenatura è forato alla base dalla

Grotta di San Michele (altrimenti detta ‘o Pe1tt1so ‘e Meta), talmente

larga da essere praticabile anche da barche di discrete dimensioni.

Invece, passando all’esterno, davanti alla punta si vede un enorme

scoglio piatto e coperto di alghe, dal quale si ergono varie punte

tondeggianti che, a prima vista, danno l’idea di essere scogli a se

stanti. Più verso il largo ci sono numerosi altri scogli affioranti che

possono creare qualche pericolo per la navigazione. Proprio nella

parte della parete che guarda verso il largo si nota un’impressionante

scala, costituita da un allineamento verticale di piccoli fori quadrangolari,

che conduce ad una apertura scavata nel tufo pochi metri al

di sotto dcl ciglio.

Di qui in avanti, essendo sempre ai piedi della parete tufacea a

picco sul mare, bisogna tener presente che esiste il pericolo delle

frane e della caduta dei blocchi di tufo che di tanto in tanto si staccano

dal costone. Quindi è consigliabile navigare sotto costa solo per

entrare nelle grotte o per qualche altra osservazione, ma è prudente

non attardarsi inutilmente.

Sia che si passi all’esterno del capo o attraverso il Pertuso di Meta,

appena giunti dall’altro lato si nota il piccolo scoglio volgarmente

detto ‘a Capocchia e, alle spalle di questo, la stretta fessura che si apre

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nella Punta di Cassano. All’uscita del Pel111.ro si vedono un paio di

grotticelle naturali senza interesse, mentre qualche decina di metri

più avanti, nell’angolo sinistro di una piccola insenatura si aprono

due grosse grotte artificiali, attualmente adibite a deposito. Quella

che ha l’apertura rivolta verso Sorrento è in comunicazione con quella

che si trova presso il Rivo di Meta, al di là della punta. L’altra invece,

scavata secondo un asse perpendicolare alla precedente, comunica

con questa solo per mezzo della piccola banchina ivi costruita. Fra

queste grotte e la Capocchia c’è un grosso scoglio affiorante, coperto

di alghe, detto Chiana Pelosa proprio a causa di questa specie di morbido

tappeto. AJJe spalle di questa secca, nella parete tufacea si apre

una grotta di sezione stretta e alta, quasi completamente all’asciutto;

ha l’asse perpendicolare alla linea di costa e il pavimento è coperto

di massi franati dalla volta.

Questa specie di baietta è delimitata da una serie di scogli

affioranti che si trovano fra ‘a Capocchia e l’ingresso di un’altra

grotta artificiale, del tutto simile alla precedente se non per il

taglio della volta che è a sezione rettangolare invece che ad arco.

Ancora pochi metri e c’è la terza grotta gemella – di nuovo con

sezione ad arco – che insieme alle altre due viene genericamente

indicata col nome di ‘e Ggrotte ‘e miezo. Queste grotte, ed anche la

successiva, sono collegate da un passaggio che, circa a 3 / 4 della

loro lunghezza, va dalla prima fino alla spiaggia della Marina di

Cassano. In tempi passati qualcuno tentò di usarle come ricovero

invernale per le barche, ma il mare entrò e distrusse tutto, anche

a causa della circolazione d’acqua che si veniva a creare fra grotte

e tunnel di collegamento.

Dopo questa serie di grotte ve ne sono un altro paio più piccole

di origine naturale e altre due grandi e artificiali, l’ultima della serie

con uno scolo di acqua all’interno di una condotta di cemento. Si

giunge così alla Punta di Cassano con la già citata spaccatura della

roccia che l’attraversa da parte a parte. Questo tratto di costa che

va chùla Punta di Meta fino alla Marina di Cassano è la più ricca di

grotte artificiali all’asciutto e di scale e scalette esterne.

Sul ciglio del promontorio di Sopramare, che divide la Marina

di Meta da quella di Cassano, solevano appostarsi i vertrggiari, gli avvistatori,

che scrutavano l’orizzonte in attesa di veder comparire la

velatura di una nave. Una volta avvistata erano loro stessi a correre

fino al porto di Castellammare per raccogliere i messaggi che i marinai

della penisola imbarcati su quei bastimenti desideravano far

giungere alle proprie famiglie.

Sempre su questo pron1ontorio piatto e squadrato, esisteva il

Fortino JYicta, citato su carte militari borboniche del secolo passato,

forse costruito sulla base di quella che era l’antica Torre dell’horto a

(􀅍orte Sopra mare.

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