RICOSTRUZIONE DELLA VILLA DEI VETTII |
I VETTII
La Casa dei Vettii o Domus Vettii rappresenta uno dei massimi esempi d’arte romana del I secolo d.c. ed è stata chiamata così dal nome dei proprietari, Aulus Vettius Restitutus e Aulus Vettius Conviva.
La gens Vèttia, o Vètia, o Vèctia fu secondo alcuni storici una gens romana plebea, sorta sul finire della Repubblica, che ottenne una notevole distinzione durante l’Impero quando il suo nome compare sovente nei Fasti per meriti notevoli in battaglia.
ASSONOMETRIA DELLA VILLA (INGRANDIBILE) |
Parte della Gens Vettia, o almeno un suo ramo, ebbe origine e sviluppo nella Marsica e dette il nome a località o a paesi, come le famiglie
– Manlia,
– Varia,
– Roscia,
– Porcia, etc.,
da cui trassero le loro denominazioni:
– Val de’ Varri,
– Rosciolo,
– Porciano,
– e così via.Secondo altri invece la gens Vèttia era oriunda sabina, e se ne hanno notizie almeno dall’epoca di Numa Pompilio se non addirittura dai tempi di Romolo.Avrebbero fatto parte infatti della “maior gentium”, quattordici familiae che pretendevano discendere dai Troiani prima e poi dagli Albani. Quindi assolutamente aristocratici e patrizi.
A. Vettius Restitutus e A. Vettius Conviva, che abitarono la famosa casa dei Vettii pompeiani, furono dei ricchi liberti che ricoprirono un ruolo sociale di primaria importanza durante l’ultima fase di Pompei. La famiglia dei Vettii era una delle più facoltose di Pompei del 79 d.c.
PLANIMETRIA (INGRANDIBILE) |
Di origini antiche, sicuramente prima del I secolo a.c., come testimoniato dai capitelli a forma di dado e dall’impluvium in tufo, di reminiscenza sannitica e caratteristici di quest’epoca, la casa venne acquistata all’inizio del I secolo da una ricca famiglia di liberti, dediti al commercio, i Vettii.
Nella ristrutturazione di età augustea (I sec. a.c.) venne cambiato l’aspetto della casa rispetto allo schema tradizionale che caratterizza altre abitazioni come quelle del Fauno e di Sallustio, eliminando anche il tablinum, per ottenere maggiore spazio per il grande giardino, ricco di statue con zampilli d’acqua, che costituisce il perno della dimora.
Gli scavi di questo edificio furono cominciati nel 1894 e furono seguiti con gran cura ma con l’unico scopo del recupero dei beni asportabili, senza le moderne cautele che permettono le massime informazioni su tutto il contesto.
LA DESCRIZIONE
FONTANA DI PUTTO CON ANATRA CHE GETTA ACQUA E GRAPPOLO D’UVA |
La casa constava di un pesante portone d’ingresso da cui si introduceva al vestibolo, nel quale erano stati eseguiti due affreschi che raffiguravano:
RICOSTRUZIONE |
Vi si notano però due casseforti in ferro con numerose decorazioni in bronzo dorato che denotano agiatezza, soprattutto perchè presuppongono argenterie e oggetti preziosi, mentre le pareti presentano diversi affreschi che rappresentano bambini, cioè dei genietti familiari, che stanno compiendo atti sacrificali ai Penati.
Si nota nell’atrio l’assenza di un tablino, lo studiolo posto in fondo all’atrio, cosa molto rara per una struttura di tale opulenza.
Intorno all’atrio si aprono diverse stanze tra cui un cubicolo con raffigurazioni del mito tragico, cantato anche da Ovidio, di:
In un altro cubicolo, destinato probabilmente al custode, quindi di non grande importanza, vi era purtuttavia una grande e bella raffigurazione di fauna marina.
– il mito di Ciparisso.
Una lunga tradizione di pitture murali e vascolari mostrano Eros e Pan che lottano tra loro, per il divertimento del circolo dionisiaco, con grande valore artistico ma pure morale e civile.
LARARIO |
Sull’atrio si affacciano anche due alae, una delle quali fu in seguito destinata a funzione di ripostiglio, mentre l’altra, rimasta attiva, presenta decorazione in IV stile.
Un piccolo corridoio, nel quale era posta la scala d’accesso al piano superiore e il cui sottoscala era utilizzato come deposito per la stalla poco distante, conduce al secondo atrio intorno al quale si apre il quartiere servile, cioè la zona degli schiavi e dei servi..
Quest’atrio presenta un impluvium in tufo di impronta sannita ed una nicchia, utilizzata come larario, decorata con semicolonne corinzie che reggono come d’uso un timpano triangolare.
ERCOLE UCCIDE I SEPENTI PITONI |
Il culto delle divinità del focolare domestico aveva una notevole importanza per i pompeiani e per i romani in genere, tali divinità erano i Geni, i Lari e i Penati.
All’interno dell’edicola sono raffigurati:
– i Lari ed il serpente Agathodemone, protettore della casa.
L’Agathodemone è un demone della mitologia dell’Antica Grecia, dove era considerato una divinità protettrice del grano, dei vigneti e anche delle città.
– una statua di Priapo, che probabilmente proviene dal giardino, che fungeva anch’essa da fontana.
Nella stanza adiacente alla cucina, decorata con una serie di quadretti erotici, svolgeva la sua attività la prostituta Eutychis, schiava che si offriva per due assi, come racconta un graffito all’ingresso della casa.
Dall’atrio si apre anche un piccolo cubicolo che presenta tre affreschi di natura erotica, stavolta però di pessima fattura. I pittori murali non erano esosi a Pompei perchè erano in molti a professare la nobile arte, ma pochi erano in grado di offrire veri capolavori..
Questi ultimi venivano profumatamente pagati per cui in pochi potevano permetterselo, per cui solo le case più ricche potevano fregiarsene, e a volte solo per le stanze più importanti della domus.
– busti di divinità.
Ma la funzione di questo luogo rimane a tutt’oggi incompresa, poiché nelle case romane, al contrario di quelle greche, non si trovavano ginecei, nè mai ne sono stati citati.
Inoltre a Roma e in suolo italico, i coniugi condividevano la stessa camera da letto, il cubicolo, raramente condividevano lo stesso letto, il letto matrimoniale è un’usanza più orientale, ma ognuno aveva il suo letto però poco distante dall’altro.
La condizione della donna romana, seppur non brillante, era molto più vivibile di quella greca, dove la donna era praticamente una schiava segregata in casa.
Il bel peristilio è contornato da diciotto colonne, che circondano completamente il giardino, nel quale alloggiano delle vasche e ben dodici statue in bronzo.
Queste venivano utilizzate come fontane, che assicuravano anche giochi d’acqua, una consuetudine che sarà poi ripresa dalle ville rinascimentali, come ad esempio quella di Villa d’Este, creata su modello romano.
I romani conoscevano benissimo l’idraulica, per cui erano in grado di creare meccanismi complessi anche a sorpresa, anche per allietare ma pure stupire gli ospiti. I giardini dei romani erano allegri e artistici nello stesso tempo.
Qui sono presenti diversi affreschi che raffigurano nature morte, maschere di teatro e figure umane, oltre ad un affresco che riproduce:
(INGRANDIBILE) |
Un altro oecus veniva infatti utilizzato come pinacoteca e vi sono rappresentate, su pareti a fondo giallo, scene della città di Tebe come:
Nella villa ci sono alcune “finestre” dalle quali si scorgono dei bambini offrire dei pegni alle divinità del focolare.
Ciò avveniva per due fattori: perchè all’epoca faceva più caldo di oggi e le finestre in ombra, cioè all’interno dei peristili erano preferite a quelle esterne assolate.
Secondariamente perchè le finestre esterne erano a rischio ladri per cui o si evitavano o si facevano talvolta nei piani alti.
La casa era dotata anche di una stalla, raggiungibile sia tramite un corridoio, sia da un ingresso autonomo direttamente sulla strada.
BIBLIO
– Salvatore Aurigemma – curatore: Vittorio Spinazzola – Pompei alla luce degli scavi nuovi di Via dell’Abbondanza – La Libreria dello Stato, Roma 1953 – “L’Erma” di Bretschneider – Roma – 1960 –
– William Gell– Pompeiana. The Topography of Edifices and Ornaments of Pompeii – 2 vols. London, 1817-8 – New ed. 1824 – Further edition by Gell alone incorporating the results of latest excavations – London – 1832 and 1852 –
– Filippo Coarelli– Guida archeologica di Pompei – 1976 –
– Fabrizio Pesando – Maria Paola Guidobaldi – Gli ozi di Ercole. Residenze di lusso a Pompei ed Ercolano – Roma – “L’Erma” di Bretschneider – 2006 –